Luca Attanasio è il secondo ambasciatore europeo ad essere stato ucciso mentre prestava servizio nella Repubblica Democratica del Congo. Nel gennaio 1993, l’ambasciatore francese Philippe Bernard fu ucciso durante le rivolte a Kinshasa scatenate dalle truppe che si opponevano all’ex presidente Mobutu Sese Seke.

Da tempo gruppi armati operano dentro e intorno al Parco del Virunga, che si trova lungo i confini con Ruanda e Uganda. I ranger del parco sono stati ripetutamente attaccati, compresi gli otto uccisi in un’imboscata il mese scorso. Il conflitto nella regione del Virunga coinvolge ad oggi oltre 130 gruppi armati ed è guidato da una complessa varietà di fattori. Questi vanno dalle risorse naturali e minerarie fino alle lotte intorno alle autorità locali. La produzione di carbone e la pesca illegale sono importanti fonti di reddito per molti gruppi armati, i quali in passato hanno anche rapito i turisti con l’obiettivo di sabotare il potenziale turistico del parco.

Le guardie del parco – attualmente circa 689 – sono in inferiorità numerica rispetto ai gruppi armati che operano nel parco e sono un obiettivo molto vulnerabile. Gli sforzi per aumentare la protezione delle guardie del parco finora non si sono dimostrati molto efficaci. Sebbene queste guardie siano costantemente rappresentate come eroi e martiri, molte hanno paura di perdere la vita. La continua insicurezza dell’area ha rappresentato un segnale che implicava sia per le guardie del parco che per le persone una continua esposizione a situazioni di pericolo ed alto rischio.

In questo contesto si inserisce la vicenda del nostro ambasciatore deceduto. A vedere le immagini dell’auto tutto sembra far ipotizzare un rapimento andato storto. Secondo i sopravvissuti i ribelli volevano soldi dall’ambasciatore, così come riferito Nzanzu ad Al Jazeera. Nzanzu ha dichiarato che Attanasio è stato colpito da proiettili sparati dagli aggressori durante uno scontro a fuoco tra i ribelli e i ranger del parco Virunga supportati dalle forze armate della RdC che erano stati allertati dell’attacco.

Qualcosa è andato storto sin dalle operazioni di partenza che vedevano coinvolto il convoglio in una strada tutt’altro che sicura. Ne ho parlato a tal proposito con il contractor Giampiero Spinelli della Stam Solutions, che sottolinea come qualcosa non abbia funzionato all’interno della cellula informativa on-field, che ha la responsabilità di garantire la cornice di sicurezza che in qualche modo deve essere costruita all’interno di quel framework.

Spinelli spiega che “questi due elementi normalmente dovrebbero essere per protocollo assolutamente congruenti, ma in realtà non è sempre così. Dico questo perché tra i due attori incaricati della sicurezza c’è il decisore politico. Molte volte il livello di interconnessione tra questi tre attori non è aderente allo scenario specifico, perciò può accadere che si creano dei gap interpretativi, riguardo al reale livello di pericolosità sistemica dello specifico scenario in cui si sviluppano gli eventi. La mancata interpretazione dei livelli sistemici di pericolosità innesca una distorta valutazione da parte degli attori rilevanti, creando degli importanti gap di percezione che agiscono come fattori inibitori sulle azioni di anticipo, creando una distorta sensibilità previsionale di breve, medio e lungo periodo. Molte volte gli indicatori sistemici vengono opacizzati. Ciò influenza negativamente il Security Decision Making Process che a sua volta non riconosce il tracciamento delle linee evolutive della minaccia rilevato dalle attività di Protective Intelligence”.

Ci sono poi le parole del governo congolese che ha espresso il proprio cordoglio per la morte dell’ambasciatore sottolineando però di non essere stato messo a conoscenza della presenza del diplomatico in quella zona, cosa che non avrebbe permesso alle autorità provinciali del Nord Kivu di fornirgli misure di sicurezza adeguate. Intanto l’Italia ha chiesto all’Onu un rapporto dettagliato sull’accaduto che chiarisca cosa e chi abbia provocato la morte del diplomatico italiano e del militare al suo seguito.

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