“Questa storia che non arrivano le dosi di AstraZeneca è diventata insopportabile. A parte che manca il 7% e non il 15%, ma la prossima volta cercheremo di integrare. Ricordo solo che nella penultima consegna c’erano più dosi di quelle che dovevano arrivare. Ma nessuno lo ha notato, né ci sono stati i soliti titoloni“. Sono le parole di Piero Di Lorenzo, presidente e amministratore delegato della Irbm di Pomezia, il centro di ricerca che in collaborazione con l’Università di Oxford ha sviluppato il vaccino prodotto dalla multinazionale anglo-svedese Astrazeneca.
Ospite della trasmissione “L’Italia s’è desta”, su Radio Cusano Campus, Di Lorenzo spiega: “Quando si parla di produzione di vaccino non si intende la produzione di saponette, perché il vaccino presuppone una cultura cellulare. Se uno semina il grano e si aspetta che vengano fuori tot quintali di grano, nel momento in cui ottiene il 7% in meno, con chi se la piglia? Se la può prendere solo col cielo. Nel caso specifico del vaccino, quando fai una programmazione, hai uno stock di riserva. In questo caso non c’era la possibilità di integrare quel quid che madre Natura non ha consentito di portare a casa. E quindi in una condizione di fiducia reciproca, si dice: purtroppo manca il 7%, la prossima volta cercheremo di reintegrare. E’ quello che sta accadendo, né più, né meno“.

E sottolinea: “L’ho detto in tutte le lingue: entro la fine di marzo ci sarà la consegna di 5 milioni di dosi e così sarà. Astrazeneca ha assicurato che nel secondo trimestre dell’anno, il 99% delle dosi sarà quello promesso e probabilmente ci sarà anche un recupero. Faccio fatica allora a scacciare questo mio pensiero che mi gira nel cervello: questo vaccino costa troppo poco e dà fastidio. L’Università di Oxford, facendo una roba da prefazione a un libro di etica ha imposto l’idea che il vaccino sia veramente un bene comune, non certo come le chiacchiere e le litanie che si sentono in televisione. E Astrazeneca ha accettato immediatamente questa scelta etica – continua – in pandemia non si guadagna sul vaccino e quindi il vaccino è venduto a 2 euro e 80 centesimi. Ho l’impressione che il tutto venga strumentalizzato per aprire la corsa a evitare qualche ostacolo e a guadagnare tanto. Non si giustifica questo accanimento sul vaccino Astrazeneca, che è straefficace, strasicuro, stratestato. Questo tiro al piccione è diventato insopportabile. Comincio a far fatica a non pensare che ci sia dietro un disegno di qualcuno che voglia fare tanti soldi“.

Di Lorenzo aggiunge: “Non ci sono problemi di nessun tipo per la variante inglese: come è stato pubblicato sulla rivista The Lancet, il vaccino Astrazeneca è efficace sulla variante inglese così come sul ceppo originario. Il titolo sui giornali invece è stato: ‘Bloccano la somministrazione del vaccino Astrazeneca in Sud Africa’. Il test, in realtà, è stato fatto solo su 200 persone, quindi non è credibile, ma man mano che andranno avanti le sperimentazioni vedremo. Il vaccino è efficace al 100% sulla malattia grave, quindi chi si vaccina con Astrazeneca non andrà matematicamente in ospedale. E anche se dovesse contrarre il covid – conclude – non viene ospedalizzato: potrà avere mal di schiena, un doloretto, una febbricciola. A me una cosa del genere non è che sta bene, ma sta più che bene. Ricordiamoci, infine, che la signora Astrazeneca sta facendo uno sforzo mondiale e titanico per produrre 3 miliardi di dosi in un anno senza guadagnarci un centesimo. Quindi, questo tiro al piccione è insopportabile. Ed è chiaro a cosa è dovuto. Evidentemente qualcuno è venuto meno all’adagio in uso nel primo lockdown, quello secondo cui ‘ne usciremo tutti migliori’“.

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