Le informazioni sullo stato dell’ambiente in cui viviamo non possono essere tenute segrete ma, di regola, devono subito essere fornite a chiunque ne faccia richiesta senza trincerarsi dietro giustificazioni burocratiche e “segreti interni”.

Questo semplice principio di civiltà è valido in tutta l’Unione europea sin dal 2003 (direttiva n. 4) il cui articolo 3 dispone che “gli Stati membri provvedono affinché le autorità pubbliche siano tenute, ai sensi delle disposizioni della presente direttiva, a rendere disponibile l’informazione ambientale detenuta da essi o per loro conto a chiunque ne faccia richiesta, senza che il richiedente debba dichiarare il proprio interesse”.

Eppure ancora oggi, nonostante la legge sia chiarissima, molte pubbliche amministrazioni se ne dimenticano rifiutandosi, spesso, anche di rispondere ai cittadini che chiedono informazioni. E non solo in Italia. Tanto è vero che più volte la questione è stata portata dinanzi alla Corte europea di giustizia la quale, ovviamente, ha sempre ribadito che la legge va applicata senza inventarsi scuse.

L’ultimo caso riguarda la Germania per il diniego di accesso a taluni documenti del Ministero di Stato del Land Baden-Württemberg relativi all’abbattimento di alberi nel parco del castello di Stoccarda, per la realizzazione del progetto di costruzione di infrastrutture e sviluppo urbano “Stuttgart 21”.

In questa occasione, la Corte europea, con una sentenza appena pubblicata (Corte di Giustizia, prima Sezione, 20 gennaio 2021 causa C‑619/19) ha ribadito alcuni principi importanti che vale la pena di sottolineare:

1) Il diritto alle informazioni significa che la divulgazione delle informazioni dovrebbe essere la regola generale e che le autorità pubbliche dovrebbero essere autorizzate ad opporre un rifiuto ad una richiesta di informazioni ambientali solo in taluni casi specifici chiaramente definiti. “Le eccezioni al diritto di accesso dovrebbero essere dunque interpretate restrittivamente in modo da ponderare l’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione con l’interesse tutelato dal rifiuto di divulgare”.

2) La direttiva 2003/4 mira a garantire che ogni richiedente, abbia un diritto di accesso alle informazioni ambientali detenute dalle autorità pubbliche o per conto di queste ultime senza che sia obbligato a far valere un interesse. E quindi l’autorità investita di una domanda di accesso non può esigere che tale richiedente le esponga un interesse particolare che giustifichi la divulgazione dell’informazione ambientale richiesta.

3) Tra i motivi che possono deporre a favore della divulgazione e di cui un’autorità deve comunque tener conto nella ponderazione degli interessi in gioco, figurano una maggior sensibilizzazione alle questioni ambientali, il libero scambio di opinioni, una più efficace partecipazione del pubblico al processo decisionale in materia ambientale e il miglioramento dell’ambiente.

4) Il rispetto di tutti gli obblighi che incombono alle autorità pubbliche in sede di esame di una domanda di accesso alle informazioni ambientali, tra cui, in particolare, la ponderazione degli interessi in gioco, deve essere verificabile per l’interessato e poter essere oggetto di un controllo nell’ambito dei procedimenti di ricorso amministrativo e giurisdizionale previsti a livello nazionale. Pertanto l’autorità pubblica che adotta una decisione di diniego di accesso a informazioni ambientali deve esporre le ragioni per cui ritiene che la divulgazione di siffatte informazioni potrebbe recare concretamente ed effettivamente pregiudizio all’interesse tutelato dalle eccezioni invocate, tenendo ben presente che “il rischio di un siffatto pregiudizio dev’essere ragionevolmente prevedibile e non puramente ipotetico”.

5) L’obbligo di fornire le informazioni riguarda anche le comunicazioni interne nell’ambito di una amministrazione, per le quali il segreto è ammissibile solo nel periodo in cui la tutela è giustificata con riguardo al contenuto di una siffatta comunicazione al fine di consentire uno spazio protetto per proseguire un lavoro di riflessione e condurre dibattiti interni. E, in ogni caso, trattasi di eccezione da valutare in senso restrittivo, per cui può esservi anche una immediata divulgazione parziale.

In questo quadro chiarissimo, vale solo la pena di aggiungere che sin dal 2016 il nostro Consiglio di Stato ha precisato che la generale disciplina in tema di accesso alle informazioni ambientali riguarda tutti gli atti di una procedura amministrativa e non solo le determinazioni conclusive; e, infine, che, ovviamente, resta tuttavia valida la eccezione che riguarda le informazioni e risultanze acquisite nell’ambito di un procedimento penale che sono coperte dal segreto istruttorio. E, tuttavia, va anche ricordato che, non appena viene meno questo segreto, viene meno anche questa eccezione.

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