Una battaglia “contro il nuovo oscurantismo”. Ma, soprattutto una battaglia “contro il tentativo di sopprimere le libertà civili“, come ha sottolineato la deputata del Partito democratico Laura Boldrini. Oltre mille persone sono scese in piazza ad Ancona, nelle Marche, per dire “no” alla deriva anti-abortista della Regione. Il Consiglio regionale, martedì 26 gennaio, ha infatti respinto una mozione dem che chiedeva di rispettare le linee guida del ministero della Salute che aprono alla possibilità di somministrare la pillola abortiva Ru486 anche nei consultori. Ma non solo. Durante la discussione in Aula la maggioranza, con le parole del capogruppo di Fratelli d’Italia, Carlo Ciccioli, ha parlato della battaglia per l’aborto, come di una “battaglia di retroguardia”, sottolineando che oggi il vero problema è quello della “natalità”, oltre al rischio che si arrivi a una “sostituzione etnica”. Parole che hanno mosso ancora di più gli animi degli attivisti e della stessa opposizione, memori anche della posizione anti-abortista dell’assessora alle pari opportunità Giorgia Latini, che in un’intervista lo scorso dicembre si era dichiarata contraria all’interruzione di gravidanza.

Così sabato pomeriggio, in piazza Roma nel capoluogo marchigiano, nonostante il Covid, oltre 79 tra partiti associazioni e movimenti di sinistra hanno aderito all’appello di tante donne, e di tanti uomini, marchigiani e no: “L.194, indietro non si torna”. A manifestare, tra gli altri, c’erano alcuni componenti del gruppo consiliare Pd delle Marche, tra cui il candidato presidente sconfitto alle regionali, Maurizio Mangialardi, l’ex presidente dell’Assemblea, Antonio Mastrovincenzo, e la consigliera Manuela Bora che per prima ha portato avanti la mozione scritta a tutela delle donne. Con loro anche la deputata dem, Laura Boldrini, marchigiana di nascita, che ha voluto prendere parte a questa battaglia, non certo “di retroguardia”, ma a difesa di un diritto, quello all’aborto, sancito appunto dalla legge 194 del 1978. Tra i gruppi e le sigle che si sono uniti alla manifestazione, anche Rifondazione Comunista, Potere al Popolo, Art.1, Potere al Popolo, Azione; ma anche Dipende da Noi, Altra idea di Città, Marche Pride, Anpi, Arcigay, Usb, Anarchici, Giovani Democratici, Unione atei agnostici e razionalisti e altri.

“Alla peggior destra di sempre – ha ricordato Boldrini in un tweet – che guida la regione Marche, abbiamo ricordato che non consentiremo alcun assalto ai diritti, all’autodeterminazione, ai valori antifascisti e democratici”. Sì, perché il rischio, secondo i tanti attivisti in piazza e la stessa Boldrini è che la Regione si trasformi in un “laboratorio” che tenta, in ogni modo, “di sopprimere le libertà civili che ci siamo guadagnati a carissimo prezzo”. Per questo “bisogna dire no”. “Fa un brutto effetto tornare ad Ancona quando c’è una minaccia ai diritti delle donne all’autodeterminazione – ha detto Boldrini a margine della manifestazione – e quando c’è una rimessa in discussione dell’anti-fascismo, dei nostri valori costituzionali. Mi fa piacere vedere questa piazza piena di gente, uomini e donne che non ci stanno, persone democratiche e vogliono reagire a quella che sta diventando una deriva”. “I marchigiani e la marchigiane non si meritano questo – ha aggiunto la deputata dem – Sono qui e sarò ogni volta che c’è bisogno di fare la propria parte”.

Tanti gli striscioni e i cartelli che hanno colorato la piazza, opponendosi non tanto (o non solo) all’avanzata della destra, che ha ormai conquistato la regione alle urne, quanto al rischio che quei diritti, faticosamente conquistati, vengano meno. “Non un diritto di meno“, si legge in uno dei tanti slogan. E ancora: “La maternità è una scelta, non una schiavitù”. Concetti che possono sembrare banali, ma che, forse, non lo sono più tanto.

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