È metà pomeriggio quando circolano le prime voci. Giorgia Meloni, indecisa se tirare dritto verso la Puglia – ormai persa da Raffaele Fitto – o salire sul carro dei vincitori ad Ancona, vira in direzione Marche per sedere in conferenza stampa accanto al suo delfino, Francesco Acquaroli. I risultati sono ormai chiari: il candidato di Fratelli d’Italia, più volte nel mirino della cronaca perché accusato di aver partecipato ad una cena che festeggiava la marcia su Roma, è il nuovo presidente della Regione. Con circa 10 punti percentuali in più batte il candidato del centrosinistra, il sindaco di Senigallia Maurizio Mangialardi, e lascia a meno del 10% l’avversario del Movimento 5 stelle, Gian Mario Mercorelli, spezzando la continuità di 25 anni di governo “rosso” e ancora prima altri 25 di Democrazia cristiana.

Si percepiva la voglia di cambiamento“, commenta a caldo il fedelissimo della Meloni, intervistato dal Tg1, dando forse ragione a chi nei giorni scorsi parlava di un “voto di protesta” non tanto a favore del candidato del centrodestra, quanto piuttosto “contro” la politica dell’ex governatore, Luca Ceriscioli. “Abbiamo pagato per non aver saputo controbattere ai jingle negativi sul terremoto e sulla gestione dell’emergenza sanitaria”, si difende lo sconfitto che però promette battaglia dai banchi dell’opposizione. Non pervenuto invece il Movimento 5 stelle, reo, secondo Mangialardi di non aver accettato un’alleanza che, come sottolinea anche il sindaco di Pesaro, Matteo Ricci “poteva essere decisiva”. In realtà, a guardare i risultati attuali, le percentuali non sarebbero bastate a vincere il centrodestra, anche se avrebbero dato filo da torcere ad Acquaroli, costringendolo almeno a rimandare la conferenza stampa celebrativa, organizzata quando le sezioni scrutinate erano appena 400 su oltre 1500.

Mancata ricostruzione post-sisma e sanità, oltre alla crisi economica derivata da anni di immobilismo, sono stati i fattori che più hanno pesato sulla scelta alle urne. Senza dimenticare il flop del Covid hospital di Civitanova, costruito in fretta e furia per sopperire alla mancanza di posti letto, e poi chiuso a meno di una settimana dall’apertura per “mancanza di pazienti”. Tutti tasselli che in cabina elettorale hanno restituito un popolo marchigiano stanco e sicuramente desideroso di “qualcosa di nuovo”. Lo testimoniano anche i risultati sull’affluenza: oltre il 59% degli aventi diritto si è recato al seggio, nonostante fosse una delle ultime giornate di mare possibili, il 10% in più rispetto al 2015 quando il centrosinistra vinse a mani basse, staccando lo stesso Acquaroli (candidato già allora) di quasi 20 punti percentuali.

Le Marche sono così la 15esima regione che passa in mano al centrodestra. Festeggia, soprattutto, Fratelli d’Italia che sfiora la Lega nelle preferenze di liste. “Il centrodestra con la guida fondamentale di Fratelli D’Italia offre a questa Regione una stagione di sviluppo diversa”, commenta, conscia dei propri traguardi, Giorgia Meloni. Se si guarda ai risultati sulle singole liste, infatti, se da una parte resta in testa il Partito democratico, che si conferma prima scelta dei marchigiani, nella coalizione di centrodestra è in corso un testa a testa: la Lega di Salvini dopo l’exploit delle Europee del 2019 si ferma “solo” al 21,5%, con Fratelli d’Italia che supera il 17%.

Nella “roccaforte rossa”, come la chiamano con un po’ troppo entusiasmo i leader della destra nonostante le radici ben piantate nella Democrazia cristiana, ha influito anche la tenuta del Nord della Regione, quello storicamente più votato al centrosinistra. A scrutini ancora in corso l’area di Pesaro e Urbino, quella che più doveva reggere l’onda d’urto dell’avanzata del centrodestra proveniente da Sud, sembra in realtà non aver retto. Acquaroli raggiunge il 48% di preferenze nel Pesarese, contro il 38% di Mangialardi. Resta abbastanza solida, invece, la provincia di Ancona, l’unica al momento dove il sindaco di Senigallia risulta in testa. Di fronte a una débacle così evidente arriva come una lama il commento della sindaca della città dorica, Valeria Mancinelli, il nome sui cui, dicono i maligni dall’interno del Pd, si sarebbe dovuto puntare per evitare di “consegnare la regione alle destre”. “I risultati ci dicono che il centrosinistra vince dove concorrono almeno due dei tre seguenti fattori essenziali, un governo regionale percepito come efficiente e vicino alle persone, un radicamento politico e social nel territorio, e un candidato presidente dalla personalità forte e riconosciuta, capace di attrarre consensi rilevanti – scrive la sindaca – Nelle Marche non c’era nessuno di questi tre ingredienti“.

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