Sarà che lo davano in scadenza a Natale come un panettone, ma l’assessore Gallera sembra prendere schiaffi perfino dai direttori ospedalieri che lui stesso ha nominato. Il martedì dice delle cose davanti a tutto il Consiglio, l’indomani viene smentito come contasse nulla. In aula aveva parlato del rischio di una “terza ondata a gennaio” e della necessità che medici e infermieri sfiancati dalla seconda “ritrovino la forza e la motivazione per continuare a curare quanti inevitabilmente finiranno negli ospedali”. Una dichiarazione di buon senso utile a placare le polemiche innescate, dopo tutte le altre, dalla lettera che una cinquantina di medici d’urgenza e infermieri degli ospedali Santi Paolo e Carlo hanno scritto alla direzione denunciando che – a causa della saturazione del pronto soccorso e della carenza di personale – erano costretti a “operare scelte relative alla possibilità di accesso alle cure, che non sono né clinicamente né eticamente tollerabili“. Un “grido di dolore” che, comunque la si guardi, ha riattizzato l’incendio politico sulla sanità lombarda. Ma mentre Gallera imbracciava l’estintore, il direttore che lui stesso aveva nominato due anni fa, Matteo Stocco, appiccava l’incendio bussando alla Procura (“denuncia contri ignoti”) e minacciando disciplinari per i medici firmatari.

La lettera era stata protocollata il 18 novembre, l’indomani Stocco – intervistato sulle carenze di organico e il sovraffollamento dei pronto soccorso – rispondeva di non saperne nulla, ma che “succede abbastanza di frequente, il personale è stressato”. Il giorno stesso in cui diventa di pubblico dominio però, la direzione convoca d’urgenza i due primari (di ps e rianimazione) per chiedergli di dissociarsi dai colleghi. Loro lo fanno, ma il primario del Pronto soccorso, Francesca Cortellaro, viene rimossa lo stesso, avviando così la strada dei provvedimenti disciplinari che ha allarmato medici, sindacati e consiglieri d’opposizione. Poi viene fuori che già il 26 ottobre, quasi un mese prima della famosa “lettera”, lei stessa aveva scritto al direttore Stocco di chiudere i pronto soccorso ormai al collasso perché “in tale contesto non siamo in grado di garantire le cure ed assistenza adeguate ai pazienti”.

Ma il pronto soccorso resta aperto ed è allora che il personale medico, esasperato da condizioni di lavoro sempre più estreme, prende l’iniziativa, sottoscrive il documento interno che sarà pietra dello scandalo, ma solo una volta finito sul giornale. La direzione annuncia un’audit di verifica delle cartelle cliniche. Stocco la nomina, 8 membri su 9 sono interni, tre hanno firmato una lettera promossa dalla stessa Asst di “dissociazione” dai colleghi, quattro sono fiduciari del direttore. I consiglieri d’opposizione e i sindacati della direzione medica protestano: la commissione “non è terza” e indipendente. La situazione sta sfuggendo di mano, perfino il viceministro Sileri se ne interessa. La strategia punitiva nei confronti dei medici che parlano si sta riproponendo anche in altri contesti e aggrava lo “stato di agitazione” del personale indetto ormai in molti ospedali italiani.

Un solo punto sul caso milanese metteva d’accordo tutti: che in attesa della verifica, ancorché controversa, non si desse corso a una “caccia alle streghe” che avrebbe ulteriormente allargato la frattura tra la dirigenza e i medici già gravate dalle difficili condizioni descritte nella lettera. Gallera finalmente va in aula e interviene sulla vicenda rassicurando tutti: “Il mio impegno e della dg welfare di Regione Lombardia è assoluto affinché questa situazione abbia una ricomposizione positiva. Ho incontrato la primaria questa mattina e anche il direttore generale Matteo Stocco. Oggi dobbiamo lavorare perché ci sia una capacità di essere vicini in tutti i modi a questa grossa fatica, anche comprendendo, se ci sono state, uscite un po’ scomposte che io leggo appunto come fatica fisica e psicologica dei medici”. Due giorni dopo si scopre che mentre l’assessore metteva la faccia sulla “necessità di stemperare e rasserenare il clima, che è sicuramente difficile, nell’ottica di una nuova ondata” la direzione aveva pensato bene di andare in Procura e di far scattare anche “procedimenti disciplinari per i medici che calunniarono i colleghi”.

Dunque, da una parte l’assessore getta acqua sul fuoco perché sa che la seconda ondata ha messo a dura prova tutte le strutture, e se esplode il conflitto interno la situazione può sfuggire di mano. Dall’altra il suo direttore che ci mette il carico da novanta, ventilando addirittura conseguenze penali e punizioni professionali, il tutto ancor prima che la verifica della commissione interna da lui nominata – anch’essa controversa – avesse iniziato il proprio lavoro. Notizie che arrivano, ciliegina sulla torta, nel giorno in cui il direttore generale della sanità in persona, Marco Trivelli, si è recato al San Carlo per un’ispezione. Fuori gli striscioni di un flashmob dell’Unione sindacale italiana e del Comitato per la difesa della sanità pubblica con lo striscione: “No sottomissione a ricatti repressivi”.

LaVerità dà poi conto di progressive dissociazioni dalla lettera da parte dei medici che pure l’avevano firmata, con tanto di matricola: “Dopo qualche giorno i 49 medici accusatori sono scesi a 18”. Il passo indietro, secondo il giornale, sarebbe la prova che “la denuncia era falsa”. Non certo della spada di Damocle brandita dalla direzione e già calata sulla testa della loro primaria. Di sicuro, è un modo originale di mostrarsi – per usare parole inascoltate di Gallera – “vicini in tutti i modi alla fatica dei medici”. La Procura, se riterrà di intervenire, potrà fare le domande cui Stocco finora ha ritenuto di non rispondere. Perché nei giorni più drammatici della seconda ondata non chiuso il pronto soccorso, come chiedeva la primaria che ha poi rimosso? Quali sono le motivazioni di queste scelte? Come ha risposto alla situazione di “collasso” che la stessa aveva segnalato già il 26 ottobre, se dopo 23 giorni è toccato farlo anche ai medici e agli infermieri che ora vuole sanzionare?

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