“Sono un virus antisociale/ non m’importa mai di niente/ sulle scatole mi sta tutta la gente…”: la seconda tragica ondata del Covid, come il vecchio adagio di Francesco Guccini sul tipo antisociale, travolge ogni forma di socialità e rischia di dare un nuovo colpo mortale anche al settore del turismo.

Manca poco che saremo crollati anche noi italiani ai livelli della Spagna, dove si registra un secco -78% soltanto nel comparto alberghiero. E dire che qualche settimana fa, addirittura, l’Italia si era presa i complimenti dei tedeschi in sede europea per i dati positivi di ripresa, per quanto leggera, del comparto turistico durante l’estate.

Rischia di sembrare ridicola la cieca ostinazione di alcuni operatori, per esempio i responsabili degli impianti di sci che stanno spingendo le regioni alpine a farsi approvare al volo dal governo un nuovo protocollo di sicurezza, nonostante l’indice dei contagi sia spaventoso soprattutto in Val d’Aosta, e notevolmente alto anche in Trentino e Alto Adige, dove il governatore Kompastcher ha già imposto nuovi lockdown locali.

Ci si illude di poter salvare la stagione dello sci, ma il problema di fondo è un altro: non è che ora affronteremo la nuova ondata pandemica, magari proprio chiusi in casa, in attesa di ricominciare da capo la vita di prima, tale e quale? Molti credono invece che sarebbe questa l’occasione giusta per ripensare il nostro modello di sviluppo, già chiamato in causa dall’emergenza ambientale, proprio anche a proposito del turismo e degli eccessi di un settore che nel mondo occidentale ricco ha segnato così a fondo le trasformazioni sociali degli ultimi decenni.

Perciò tocca ripetere quanto già sostenuto durante il primo lockdown, e cioè che il dovere e l’opportunità impongono nuove riflessioni e scelte adeguate alla sfida dei tempi, prima di tutto ai responsabili politici, al ministro Dario Franceschini e al sottosegretario competente, alle Regioni, agli enti locali e ai rappresentanti vari degli operatori del settore.

Volentieri segnaliamo che non manca chi si è espresso in questo senso, come la nuova rete di imprese dedicata al Turismo Attivo e Sostenibile ActiveItaly, che ha presentato di recente un nuovo manifesto che parte dalla premessa di voler ribaltare in positivo le finalità del settore: “Il turismo può essere uno strumento potente per garantire la pace, lo scambio tra culture, la crescita intellettuale e spirituale degli individui e la prosperità dei popoli”.

Più che buone intenzioni sono gli obiettivi già praticati da questi 25 tour operator virtuosi, attraverso le proprie esperienze: “La preservazione degli ecosistemi e della biodiversità, attraverso attività all’interno di Parchi, Riserve Naturali ed Aree Protette; la mobilità dolce e l’attività fisica; l’attenzione alle produzioni agricole e artigianali locali, al cibo sano e di qualità”.

Ma ancor più interessanti sono le ricadute indirette, culturali nel senso più ampio della parola, di un nuovo turismo attivo e sostenibile, a partire dalla riscoperta della lentezza e dal contributo educativo verso stili di vita più sostenibili (il testo integrale è sul sito e anche sulla pagina Facebook).

Certo, analogamente a quanto si dice sempre a proposito del cibo naturale, il nodo di fondo è come garantire a tutti il diritto di poter essere nuovi turisti responsabili. Alla fine il distrut-turismo, altresì detto “over-tourism”, si giustifica proprio nell’apparenza più egualitaria: si maschera, insomma, dietro a un consumo di massa, apparentemente più interclassista, rispetto agli stili di vita sostenibili, considerati elitari e spesso disprezzati come radical-chic.

Sappiamo poi che non è così, e le statistiche parlano chiaro. Per esempio, lo sci da discesa è uno sport riservato all’1-2 per cento della popolazione europea e se si misurasse il consumo di risorse naturali degli impianti – ma il discorso è analogo per i grand hotel – in rapporto al numero di persone che ne fruiscono, ne vedremmo delle belle.

Ecco, alla fine dell’emergenza, invece di finanziare nuovi scempi edilizi pseudo-alberghieri e nuovi inutili sventramenti del territorio per piste da sci e bacini d’innevamento, una fetta consistente dei fondi per il rilancio del turismo dovrebbe andare in quest’altra direzione indicata dal manifesto di ActiveItaly.

Articolo Precedente

Covid, ci sentiamo rassegnati alla morte. Ma la vera ragione è che l’abbiamo esclusa dalla vita

next