È una giornata piovosa. Triste ed angosciante. Lo sono sempre queste di ottobre. Non riusciamo a far finta di nulla. Sono gli ultimi giorni di Stefano Cucchi. Sono dentro di noi. Si stanno avvicinando gli anniversari del suo arresto e poi della sua morte. Il 1° ottobre, per giunta, è la data del suo compleanno. In ottobre inizia e termina tutto.

In più c’è il Covid che sfiora le nostre vite. Un’emergenza annunciata dopo la “pausa estiva” che ci aveva dato l’illusione che la pandemia fosse già alle nostre spalle. Ha ucciso molte persone. Avevamo tanta voglia di dimenticarle ma quelle immagini terribili dei convogli militari che trasportavano i morti della Lombardia sono ancora ben vive nella nostra memoria. Sicuramente nella mia.

Sono stanco. Stanco per tutto. “Il Covid aumenta il disagio psichico”. Dicono che il 63% degli italiani ha avuto disturbi psicologici durante il precedente lockdown. Il nostro Presidente della Repubblica ha detto che la salute mentale è un diritto e che “nessuno venga lasciato solo”. Come sempre, lui è avanti.

Chi sostiene che la pandemia “è democratica” perché colpisce indistintamente tutti i cittadini di qualsiasi ceto sociale forse non ha presente la realtà dei fatti. Gli ultimi, i più deboli, quelli in fondo alla scala sociale, hanno mezzi di difesa che non sono paragonabili a quelli in possesso di coloro che, viceversa, hanno situazioni economiche ben differenti. Parlo del diritto alla salute e non posso non associarlo al diritto alla vita, a tutti gli altri diritti fondamentali dell’uomo. Non riesco a non pensare a tutti i detenuti che la vivono ristretti in anguste celle in violazione di ogni norma igienico-sanitaria. Che cosa avranno pensato durante l’apice dell’emergenza? Qual è il loro stato d’animo oggi?

Il 6 aprile scorso un contingente di 300 poliziotti di Polizia Penitenziaria è entrato nel carcere di Santa Maria Capua Vetere per una perquisizione terminata con pestaggi e violenze contro i detenuti. Questa era la risposta che dovevamo attenderci dallo Stato? Sicuramente no. Non intendo in alcun modo mancare di rispetto al nostro Paese ma, viva Dio, attendiamo tutti una risposta chiara e netta. Non può essere quella del partito di Giorgia Meloni che ha addirittura proposto un encomio solenne per quegli agenti indegni di portare la loro divisa.

Stefano era un detenuto senza diritti e per questo è morto ammazzato. Era un detenuto ignoto come tutti gli altri. La morte lo ha reso famoso. Facciamo sì che a tutta la popolazione carceraria, anonima e indistinta, vengano riservati, in questo “regime di pandemia”, trattamenti e cure adeguati. Degni di uno Stato che giustamente ama definirsi civile e democratico. La risposta non può essere quella dei Fratelli d’Italia.

Stiamo parlano di persone che, pur avendo commesso errori, conservano la loro umanità con le loro relazioni e i loro affetti. Se a loro regaliamo cinismo e indifferenza, da loro non possiamo certo aspettarci qualcosa di diverso.

Lo Stato c’è, ne sono ancora convinto ma si faccia sentire. Ne abbiamo tutti disperato bisogno.

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