Alcuni sarebbero stati denudati e poi picchiati, insultati, colpiti con i manganelli. Costretti a radersi barba e capelli e poi minacciati e sbattuti in isolamento. Sono le storie di violenza denunciate dai detenuti del carcere di Santa Maria Capua Vetere e che hanno portato la procura ad indagare 44 agenti di polizia penitenziaria per reati che, a vario titolo, vanno dalla tortura, alla violenza privata, all’abuso di autorità. In loro soccorso è arrivato, cancellando gli impegni in agenda, Matteo Salvini: “Sono venuto qui – ha detto – perché non si possono indagare e perquisire come delinquenti 44 servitori dello Stato. Non esiste né in cielo, né in terra perquisire gli agenti davanti ai familiari dei detenuti”, ha aggiunto il leader della Lega.

Chi ha portato le storie dei presunti pestaggi in procura sono stati i familiari dei detenuti e l’associazione Antigone. Sono loro che hanno raccontato di violenze avvenute il 6 aprile scorso, originate dalle proteste dei reclusi in carcere. Sono i giorni caldi del Covid e anche a Santa Maria Capua Vetere, come in altri istituti penitenziari, i detenuti hanno dato vita a rivolte non sempre pacifiche. Sono note le immagini delle sale distrutte e le notizie dei decessi di quanti avevano saccheggiato le infermerie, assumendo così una dose eccessiva di farmaci. Proteste che lo Stato non ha tollerato.

È successo quindi anche a Santa Maria Capua Vetere. E il giorno dopo la situazione è rientrata. Ma a quanto pare non all’interno di quelle mura, almeno stando alla denuncia presentata in procura dall’associazione Antigone, tramite l’avvocato Simona Filippi.

Tutto comincia dunque il 6 aprile dopo che il magistrato di sorveglianza svolge un colloquio con i detenuti, a seguito della protesta. “Quando il Magistrato era già andato via, tra le ore 15.00 e le ore 16.00, – è scritto nella denuncia – un numero elevato di agenti di polizia penitenziaria – circa 400 – hanno fatto ingresso nelle sezioni del reparto ‘Nilo’, suddivisi in gruppi di sette agenti, in tenuta ‘antisommossa’ con il volto coperto da caschi e i guanti alle mani ed hanno posto in essere una seria e grave azione di violenza contro molti detenuti”.

“Li avrebbero violentemente insultati e picchiati con schiaffi, pugni, calci e a colpi di manganello”, continua la denuncia. A questo punto alcuni detenuti “sarebbero stati trascinati fuori dalle celle, nel corridoio, dove sarebbero stati ancora pestati e, per sfuggire ai colpi, costretti a correre, passando dalle scale, fino all’area di ‘passeggio’. Colui che cadeva a terra durante la corsa subiva ulteriori violenze”.

“Altri agenti – continua l’esposto -, avrebbero invitato i detenuti a uscire dalle loro celle per effettuare la perquisizione e, dopo che il detenuto si è privato degli indumenti, sarebbe stato percosso violentemente con calci, pugni e con colpi di manganello”.

Così c’è chi ha raccontato di avere “un occhio livido e gonfio tanto da non riuscire ad aprirlo”, chi dice di esser “rimasto sdraiato per terra in mezzo al sangue e privo di sensi”, e ancora chi riferisce di aver “urinato sangue”. Un avvocato ha poi segnalato all’Associazione Antigone che il proprio assistito con “problemi di natura psichiatrica sarebbe stato prima denudato, poi picchiato con calci, pugni all’addome e manganellate sulla testa. A causa di tali violenze, lo stesso avrebbe riportato gravi lesioni alle costole (alla sola vista risultano disallineate), difficoltà respiratorie, ecchimosi sparse e forti dolori alla testa”.

Da queste segnalazioni è nata l’indagine della procura di Santa Maria Capua Vetere che ha portato all’iscrizione di 44 agenti di polizia penitenziaria. E gli accertamenti degli investigatori non sono conclusi. Nell’esposto si chiede anche di fare chiarezza sul ruolo del personale medico: “È risultato altresì che i medici non abbiano sottoposto a visita le vittime e, in alcuni casi, è emerso che, a fronte di lesioni evidenti ed importanti, i medici abbiano omesso di refertarle e di prescrivere le terapie”.

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