Concorso esterno con la ‘ndrangheta, autoriciclaggio, intestazione fittizia e trasferimento fraudolento di valori. La Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria ha inferto un altro durissimo colpo alla ‘ndrangheta di Sant’Eufemia d’Aspromonte legata alla potente cosca Alvaro di Sinopoli. È scattata l’operazione “Eyphemos 2”, la naturale prosecuzione dell’inchiesta che, a febbraio, aveva portato all’arresto di numerosi esponenti mafiosi e di politici come il sindaco Domenico Creazzo che era stato appena eletto consigliere regionale di Fratelli d’Italia. A pochi giorni dalla decisione della Cassazione di confermare i domiciliari per Creazzo, nei confronti di altri indagati stamattina la squadra mobile ha eseguito l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip Tommasina Cotroneo su richiesta del procuratore Giovanni Bombardieri, dell’aggiunto Gaetano Paci e del sostituto della Dda Giulia Pantano.

Nove in tutto gli arrestati. Per quattro di loro, anche se già detenuti, il giudice per le indagini preliminari ha disposto il carcere. Si tratta del boss Domenico Laurendi, Natale Lupoi alias ‘Beccaccia’, Antonino Gagliostro detto ‘u Mutu’ e Rocco Laurendi. Altri cinque indagati, invece sono finiti ai domiciliari: Saverio Salerno, Rosa Alvaro, Rosario Bonfiglio, Diego Laurendi e il commercialista Gregorio Cuppari. Quest’ultimo risponde di concorso esterno con la ‘ndrangheta. Secondo gli inquirenti, infatti, Cuppari era il “consigliori” del boss di Sant’Eufemia, oltre che “consulente tecnico” del clan. Il commercialista, infatti, avrebbe contribuito al perseguimento delle finalità della cosca, ovvero proteggere il proprio patrimonio mobiliare ed immobiliare da eventuali aggressioni da parte dello Stato ed in secondo luogo inserirsi, monopolizzandoli poi con la forza di intimidazione, nei settori dell’edilizia e della ristorazione.

Un profilo del professionista arrestato lo ha fornito durante la conferenza stampa il procuratore Giovanni Bombardieri: “Abbiamo ricostruito tutta una serie di relazioni che ci hanno consentito di accertare all’interno della cosca il ruolo di un commercialista che non si limitava a fornire il suo apporto tecnico alle attività commerciali che gli venivano affidate. Ma era un ‘consigliori’, svolgeva un ruolo a tutto tondo sia nella direzione delle iniziative economiche che servivano a schermare gli investimenti della cosca, sia attività materiale. È arrivato ad accompagnare lui stesso alcuni prestanome da un notaio”. Gli fa eco il procuratore aggiunto Gaetano Paci secondo cui “quello che emerge è la piena consapevolezza di Cuppari circa la figura del Laurendi e la necessità di schermare i suoi patrimoni di provenienza illecita”.

L’ipotesi dei pm è stata condivisa anche dal gip Tommasina Cotroneo. Impietoso il suo commento nel motivare le esigenze cautelari nei confronti del commercialista. È scritto, infatti, nell’ordinanza: “Cuppari, anche se non affiliato al locale di ndrangheta, ha sostanzialmente fatto una scelta di fondo, allorquando, dismettendo la veste di professionista, ha indossato solo quella di un esperto del settore, che ha deciso di porre le proprie conoscenze e prestazioni al servizio degli ‘ndranghetisti. Cuppari conosce le pieghe del sistema e ‘guida’ le azioni di chi appartiene a cosche mafiose e si muove su terreno che gli è totalmente congeniale, nei rapporti con le banche in relazione alle movimentazioni da fare, senza incorrere nei divieti posti dalle normative antiriciclaggio, e pur sempre necessarie per realizzazione dell’obiettivo illecito prefissato”.

Gli investigatori della squadra Mobile e del commissariato di Palmi stanno eseguendo anche numerose perquisizioni e sequestri. Complessivamente è di circa 2 milioni di euro il valore dei beni a cui sono stati applicati i sigilli. I sequestri sono avvenuti non solo a Sant’Eufemia d’Aspromonte, ma anche fuori dalla Calabria: a Milano, Ancona, Pesaro e Urbino. Al boss “Rocchellina” sono state sequestrate alcune società come la “LD Immobiliari e Costruzioni s.r.l.”, il ristorante “La Taverna del Pirata” a Bagnara Calabra, la società immobiliare “LDR srls”. L’indagato Antonino Gagliostro, si è visto sequestrare le quote della società “Tolstoj”, due bar e un ristorante a Milano.

La Dda, infatti, ha fatto luce su un’ampia serie di delitti posti in essere dal boss Domenico Laurendi e dai suoi sodali per occultare i beni derivanti dalle attività delittuose. “Rocchellina”, in sostanza, avrebbe cercato di ripulire i proventi illeciti, penetrare nel tessuto economico-commerciale e mascherare i beni stessi da apprensioni giudiziarie. Il suo scopo era quello di affermare il potere territoriale della cosca ed amplificarne quello economico. Laurendi – è scritto nell’ordinanza di custodia cautelare – “aveva omesso di pagare le tasse sulle somme percepito sui lavori pubblici e aveva creato ‘nero’ che aveva occultato presso banche di San Marino”. Le intercettazioni registrate dalla squadra mobile hanno consentito ai pm di comprendere i meccanismi utilizzati da capocosca per dissimulare il patrimonio posseduto. “Evidentemente, – scrive il gip nell’ordinanza – il Laurendi che commercia in droga di qualsiasi qualità, che commercia in armi anche da guerra costituendo veri e propri arsenali, che consuma estorsioni ai danni di imprenditori ha cumulato profitti illeciti che ha dovuto necessariamente reimpiegare e lo ha anche fatto attraverso vere e proprie scatole cinesi immobiliari ed imprenditoriali”.

“È un’operazione che fa seguito a quella del 25 febbraio. – ha spiegato il procuratore Bombardieri – Gli arresti di oggi non fanno altro che confermare la bontà dell’inchiesta ‘Eyphemos”. Oltre ad ampliare il numero degli indagati per reati gravi come il concorso esterno in associazione mafiosa, abbiamo colpito gli interessi patrimoniali di alcuni soggetti di riferimento della cosca in Calabria e anche nel nord Italia. Abbiamo sequestrato bar e ristoranti e alcune aziende che operano nel ramo delle costruzioni”.

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