NUEVO ORDEN di Michel Franco (Concorso). In campo ci sono la famiglia (bianca) di ricchi speculatori e affaristi (gira la parola “mazzetta”), immersa nel party luccicoso della figlia minore (Naian Gonzalez Norvind) che si sta per sposare con un altro rampollo alto borghese; mentre tra la cucina e il garage i camerieri, non bianchi, servono a tavola. Fuori campo (siamo in una grande città messicana contemporanea) l’assedio dei manifestanti poveracci, non bianchi, che lanciano vernice verde (?) per protesta (in campo, durante la festa la vediamo sui vestiti degli invitati che arrivano). Poi la situazione precipita. Ribelli e camerieri sono d’accordo. Festa assaltata, matrimonio sfortunato. Razzia di valori, banconote, vasi e vestiti, feriti e morti. Solo che la sposa è uscita all’improvviso per aiutare una vecchia cameriera malata, economicamente in difficoltà. Così quando l’esercito ristabilirà l’ordine invece di tornare a casa verrà rapita dai militari, torturata, violentata e scambiata a peso d’oro per il rilascio. La rivoluzione guazzabuglio di Franco è servita. Il classismo di una volta (sembra, ma proprio di striscio, larghissimo, Gosford Park di Altman) si mescola a distopie action guerreggianti sulla corruzione dello stato ed ecco il Nuevo (dis)orden. Tutti ammazzano tutti senza più capire se esiste un senso nella divisione socio-economica di partenza e cosa possa rappresentare l’ordine reazionario ritornato. Script sgangherato. Regia che vuole azione, thriller, dinamismo, ma che trova il caos. Rimangono solo brandelli di cinema centrifugo e pietosamente politico. Messico e (tante) nuvole. Voto: 3

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