Sabato si torna a manifestare, stavolta coi sindaci insieme ai cittadini. A Roma in Piazza del Popolo, contro il 5G, “per la moratoria, la Costituzione, le libertà e l’autodeterminazione digitale”, per rinnovare al governo la richiesta di un’urgente sospensione della pericolosa sperimentazione dell'”internet delle cose”, che inevitabilmente avrà ripercussioni sociali, sanitarie, ambientali e geopolitiche, minando libertà personali (su tutte quella di non essere irradiati, obbligandoci a vivere con un’antenna a distanza ravvicinata: il wireless possibile cancerogeno Iarc equivale così ad un trattamento sanitario) e i diritti sanciti dalla Costituzione (art. 32 e 41, in primis, ma dovremmo parlare pure di privacy, inimmaginabile nel 1948).

Sul palco si alterneranno diversi relatori che, da angolazioni medico-scientifiche, politiche, educativo-scolastiche, giuridiche, amministrative e artistiche, convergeranno all’unisono sullo stesso tema, ovvero la denuncia dei lati oscuri del 5G nel modello di società iper-digitale e super connessa, qualcosa a metà tra fantascienza e letteratura distopica che ci propinano come il migliore dei mondi possibili.

A cui però, al netto del dislivello prometeico di Gunther Anders, nessuno di noi ha mai dato il consenso informato di volerne far parte. La manifestazione è promossa dall’Alleanza Italiana Stop 5G, già 340.000 firme consegnate al Ministero della Salute, un dossier all’Istituto Superiore di Sanità, con 600 Comuni (insieme circa 5 milioni di abitanti) dichiaratamente contrari all’invasione elettromagnetica, pronti a dare battaglia sul bavaglio ai sindaci previsto nel Decreto Semplificazioni.

Il 5G come problema democratico, lì dove lo si impone anche contro quanti ne vorrebbero fare a meno. Il 5G come tentativo subdolo di riconfigurare nei tratti antropologici e socio-relazionali la vita di ognuno: saranno queste le denunce più forti. Il cambio radicale del modello società, tra Smart City, Big Data, algoritmi e intelligenza artificiale, è un dato di fatto in Cina, dove il 5G è realtà da tempo: basta prendere il Sistema di Credito Sociale per comprendere dove si potrà finire.

“Un’espropriazione dei diritti umani fondamentali che proviene dall’alto” scrive Shoshana Zuboff nel suo Capitalismo della sorveglianza, il futuro dell’umanità nell’era dei nuovi poteri (Luiss), “la soppressione della sovranità del popolo, creata da un movimento che cerca di imporre un nuovo ordine collettivo basato sulla sicurezza assoluta.”

Far finta che il 5G sia solo uno spot pubblicitario in Tv, un avanzamento di standard tecnologico, oppure che la cosa non riguardi ognuno di noi o (consuetudine del mainstream appiattito sul Ministero della Verità di orwelliana memoria, sempre pronto a delegittimare la critica ai poteri forti) mettere in moto la macchina del fango per etichettare gli oppositori al 5G, sminuendone i contenuti, significa non voler capire il punto di non ritorno cui il governo ci ha inesorabilmente portati. Tutti.

Per questo, alla manifestazione hanno aderito i sindaci, ma pure giuristi quali Paolo Maddalena (presidente emerito Corte Costituzionale, presidente Attuare la Costituzione), Ugo Mattei (presidente Comitato per la Difesa dei Beni Pubblici e Comuni Stefano Rodotà), Mauro Scardovelli (presidente emerito UniAleph), e medici come Ferdinando Laghi (medico, presidente Isde International), che insieme a Claire Edwards (ex collaboratrice Onu, co-promotrice dell’Appello Internazionale Stop5G dalla Terra e dallo Spazio, circa 300mila raccolte in 219 nazioni al mondo) ed Enrico Montesano spiegheranno le ragioni della tecnorivolta in atto.

L’evento, preceduto da una conferenza stampa a Montecitorio prevista per giovedì, si inserisce nelle azioni internazionali patrocinate dall’Alleanza Europea Stop 5G che sabato 19 settembre 2020 manifesterà a Lione (Francia) davanti la sede dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (Iarc-Oms).

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