A 57 anni dall’iconico discorso ‘I Have a Dream’ di Martin Luther King, oltre 50mila persone si sono radunate lungo il National Mall a Washington, proprio come in quel lontano 28 agosto 1963. In testa al corteo antirazzista c’era il padre di Jacob Blake, il giovane afroamericano rimasto paralizzato dopo che a Kenosha, in Wisconsin, un poliziotto lo ha ferito alla schiena con sette colpi di pistola. “Quando è troppo è troppo”, ha dichiarato Martin Luther King III dal palco, prendendo la parola insieme al pastore Al Sharpton, leader indiscusso della black community.

Quando la marcia è partita dal Lincoln Memorial in direzione del vicino Martin Luther King Memorial, a sfilare c’erano anche alcuni familiari di ‘Big Floyd’, e poi quelli di Breonna Taylor, la giovane afroamericana uccisa dalla polizia mentre dormiva nella sua abitazione a Louisville, in Kentucky. E ancora quelli di Eric Garner, soffocato da una stretta al collo degli agenti a New York. Lo slogan dei manifestanti è “Get your knees off our necks”, via le vostre ginocchia dal nostro collo, riferito alla pratica spesso usata dagli agenti per immobilizzare le persone fermate: proprio come accaduto a Floyd, morto soffocato. “I can’t breath”, non posso respirare, l’altro slogan ripetuto dal corteo.

Imponenti le misure di sicurezza adottate, con la Casa Bianca completamente blindata e l’obbligo di mascherina per tutti i partecipanti. Nel 1963 una folla enorme segnò la svolta nella lotta per i diritti civili. Oggi, nonostante i numeri ridotti a causa della pandemia, la speranza del movimento è quella di recuperare quello stesso spirito, per avviare una stagione in cui l’America faccia definitivamente i conti con la questione razziale. Specie dopo le proteste esplose negli ultimi mesi e a cui ora si è accodato anche lo sport americano. “Mio figlio è in un letto di ospedale e lo tengono ammanettato“, ha raccontato il padre di Blake non appena è arrivato a Washington per partecipare alla marcia, confermando quanto anticipato dallo zio del 29enne.

Alla folla si è aggiunto anche un gruppo di attivisti partito a piedi lo scorso 4 agosto da Milwaukee, cittadina che si trova a poca distanza da Kenosha. Cinquanta chilometri al giorno per arrivare in tempo per l’appuntamento, nonostante le vesciche ai piedi e la fatica. I partecipanti, tra cui anche alcuni bambini, hanno trovato sostegno in alcuni degli Stati attraversati, mentre in altri più conservatori come Ohio, Indiana e Pennsylvania c’è stata opposizione, a volte anche con il ricorso alla violenza. Alcuni di loro sono stati raggiunti anche da alcuni proiettili e nelle settimane scorse un attivista è stato costretto al ricovero in ospedale per le ferite riportate.

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