“Concorreva al mantenimento e al rafforzamento delle associazioni a delinquere di tipo ‘ndranghetistico“, avallando le richieste dei detenuti, e favorendo, in particolare, quelli collocati nel circuito “alta sicurezza”, indagati o imputati per 416bis o per reati aggravati dalle modalità mafiose. Per questo l’ex direttrice del carcere di Reggio Calabria, Maria Carmela Longo, è stata arrestata con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Il gip ha disposto nei suoi confronti gli arresti domiciliari su richiesta del procuratore Giovanni Bombardieri e dei sostituti procuratori della Dda Stefano Musolino e Sabrina Fornaro.

Le indagini, condotte dal Nucleo investigativo centrale del Dap, secondo i pm, hanno fatto luce su “una sistematica violazione delle norme dell’ordinamento penitenziario e delle circolari del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria”. Tra i “favoriti” dalla direttrice, c’era anche l’avvocato Paolo Romeo, ex parlamentare e principale imputato del processo “Gotha”, in corso davanti al Tribunale di Reggio. Ma anche affilitati alle famiglie mafiose reggine e della provincia come Cosimo Alvaro, Maurizio Cortese, Michele Crudo, Domenico Bellocco, Giovanni Battista Cacciola e altri.

Nei confronti di alcuni “graditi”, si legge, Longo aveva atteggiamenti di favore, dando loro la possibilità di incontrare i familiari fuori dall’istituto penitenziario e oltre i limiti previsti dalla disciplina dei colloqui. Ma non solo, la direttrice, si legge nel capo di imputazione, “individuava i detenuti da autorizzare all’espletamento del lavoro intramurario, nonché quelli da indicare al magistrato di sorveglianza per l’espletamento del lavoro esterno” solo tra i “graditi alle cosche mafiose”, e faceva sì che il lavoro si svolgesse “senza controlli”. In questo modo i detenuti potevano comunicare con l’esterno, ricevendo anche beni non consentiti come orologi e profumi.

Maria Carmela Longo, inoltre, avrebbe consentito, “la collocazione di detenuti ristretti in circuito di Alta sicurezza legati da rapporti di parentela o appartenenti allo stesso sodalizio criminoso nelle medesime celle”, rendendo così possibile la comunicazione tra carcerati dello stesso gruppo ‘ndranghetista. Ma non solo, a volte richiedeva anche il trasferimento di detenuti alla casa circondariale di Reggio Calabria per “soddisfare le richieste ricevute da loro o dai congiunti”. Condotte che ora, dopo le indagini, hanno portato all’arresto dell’ex direttrice per concorso esterno in associazione mafiosa.

Immagine d’archivio

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