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Discoteche chiuse, il “capo” del Silb Pasca si assolve: “Dovevamo fare meglio? In certi casi. Ma stabilimenti, sagre e bar sono meno sicuri”

L'INTERVISTA - Il presidente dell'associazione dei gestori dei locali da ballo conferma la linea: "Non c’è un solo contagio attribuibile a una discoteca e i lavoratori di questo comparto hanno gli stessi diritti degli altri. L’ipotesi di risarcimento danni resta aperta. Perché per singoli episodi deve pagare l'intero settore?”. E avverte chi la pensa diversamente, come il dj Gabry Ponte: "Sono artisti che nei locali hanno guadagnato moltissimo, anche negli ultimi mesi. Credo che i gestori ne terranno conto"

di Andrea Conti

Dovevano fare meglio? In certi casi sì. Le discoteche sono più pericolose di altri luoghi? No, sono come una sagra o un bar, anzi forse più sicure. Il Tar ha dato torto ai gestori delle discoteche? No, il giudice “non ha avuto il coraggio” di dare loro ragione. La linea di Maurizio Pasca, presidente del Silb, l’associazione delle imprese di intrattenimento da ballo, dopo la prima pronuncia del Tar sul ricorso d’urgenza contro il provvedimento del governo resta la stessa: il mondo delle discoteche non ha niente da rimproverarsi. “Non c’è un solo contagio attribuibile a una discoteca – spiega Pasca – e i lavoratori di questo comparto hanno gli stessi diritti degli altri. L’ipotesi di risarcimento danni a imprenditori e lavoratori resta aperta”. Secondo Pasca i danni subiti durante il lockdown sono di circa 400 milioni. Insomma: “Perché per singoli episodi deve pagare l’intero settore? Non era meglio sanzionare e magari chiudere chi ha commesso illeciti?”. E delle uscite di chi la pensa diversamente, come il dj Gabry Ponte, “i gestori ne terranno di conto”, avverte Pasca.

Presidente Pasca, in discoteca si balla, suda, si urla, ci si appoggia e spintona. Dunque sono realtà paragonabili ad altre situazioni come sagre, bar o stabilimenti balneari?
Non c’è una differenza sostanziale, come del resto vediamo anche in foto e video diffusi in rete. Gli assembramenti sono ovunque. Non solo. Purtroppo spesso sagre, bar e stabilimenti balneari, rave (per citarne alcuni) fanno ballare in forma totalmente abusiva e quindi meno sicura che in discoteca. La discoteca non è un luogo in cui è tutto tollerato: può capitare di urtare qualcuno per errore, come per strada, ma non ci si spintona affatto.

In alcuni locali, davanti a certe situazioni testimoniate da diversi video diffusi sui social, si poteva e si doveva fare meglio?
In certi casi si doveva fare meglio. C’erano norme precise da rispettare e lo si è sempre fatto: sanificazione dei locali, utilizzo di materiale monouso, misurazione della temperatura corporea, prenotazione online, richiesta delle generalità di chi partecipa alle serate e mantenimento del registro per 14 giorni. Il distanziamento sociale, invece, non è stato sempre rispettato. Ma è successo e succede ogni giorno altrove, anche se si parla sempre solo di discoteche. Anzi, si parla di singoli episodi, quasi sempre senza conoscere le differenze tra le diverse normative tra una regione e l’altra. La Puglia, ad esempio, aveva una normativa meno restrittiva, non basata sul distanziamento sociale ma sulla capienza, nei fatti dimezzata.

Qual è la sua posizione sul fatto che sei dipendenti del Billionaire sono risultati positivi e 50 membri dello staff sono stati messi in quarantena?
Il contagio, purtroppo, avviene ovunque, anche in discoteca. Ma non solo: anche in spiaggia, nei luoghi di lavoro, negli ospedali, nei bar, al ristorante…

L’errore è stato aver dato la possibilità alle Regioni di riaprire? Oppure quello di richiuderle adesso?
Oggi i locali potevano rimanere aperti, magari con regole ancora più stringenti. Il dpcm del presidente del Consiglio aveva delegato le Regioni a riaperture diversificate, visto che la situazione del contagio da Covid-19 era e resta ancora oggi molto diversificata: quella della Lombardia non era e non è paragonabile a quella della Calabria, ad esempio.

Protestate per la chiusura. Ma quali alternative? Quali sono i vostri suggerimenti al governo?
La preoccupazione più grande per il Silb è per l’80 per cento dei locali italiani, che sono chiusi dal 23 di febbraio e che ancora non sanno se e quando potranno riaprire. Il nostro pensiero va ai 50mila lavoratori che non percepiscono compensi da allora. Ripeto, le norme potevano essere ancora più stringenti ma i locali dovevano restare aperti. Adesso i 2 o 3 milioni di giovani che vanno a ballare ogni anno lo faranno in luoghi totalmente abusivi. Non era meglio controllarli ancora meglio in luoghi sicuri e legali al 100 per cento come le discoteche?

Possibile una soluzione come quella in Slovacchia – testimoniata da un video circolato sul web – con la pista divisa a quadrati 1,5 per 1,5 metri e chi voleva ballare doveva stare nel proprio quadrato?
È una soluzione nei fatti non praticabile e ovviamente non viene adottata in nessun luogo di incontro, neppure in ristoranti, bar, parchi acquatici, piazze, sale d’attesa… Le discoteche poi sono luoghi di socializzazione, nascono per incontrarsi e stare insieme.

Cosa pensate delle posizioni nette e chiare a favore delle chiusure? Come quella di Gabry Ponte che in una nostra intervista ha detto che ci sono locali che hanno preferito far cassa.
Sono prese di posizione di artisti che proprio in discoteca hanno guadagnato moltissimo, anche negli ultimi mesi. Un po’ dispiace che proprio adesso che la discoteca diventa il simbolo del male si lascino andare a dichiarazioni di questo tipo. Credo che i gestori ne terranno conto. Il settore dell’intrattenimento notturno poi è variegato, non ci sono solo le grandi discoteche: ci sono le balere, le sale liscio, i night club… perché per singoli episodi deve pagare l’intero settore? Non era meglio sanzionare e magari chiudere chi ha commesso illeciti?

Se ci sono delle responsabilità per il caos che è successo dove vanno ricercate?
Il caos, in realtà, è quello delle movide notturne, di molte spiagge libere e stabilimenti balneari. Vivo e lavoro in Salento e ho visto tante situazioni incresciose. Anche le discoteche, a volte, non sono state perfette, è vero, ma si continua a parlare solo di piste da ballo.

In quale momento avete capito che le cose si stavano mettendo “male”?
Già un mese prima dell’ordinanza del ministro Speanza era iniziato un attacco mediatico inaudito nei confronti delle discoteche. Il Codacons addirittura ha fatto esposti contro due noti locali, uno in Puglia e uno in Emilia Romagna, quando gli assembramenti sono dappertutto… Era piuttosto facile prevedere che erano in arrivo provvedimenti.

Vi aspettavate il responso del Tar? Quali saranno le vostre prossime mosse?
Innanzitutto, a differenza di ciò che molti hanno riportato, il nostro ricorso non è stato respinto dal Tar del Lazio. La decisione verrà presa in altra data in modo collegiale. Riassumendo, il giudice monocratico del Tar non ha avuto il coraggio di darci ragione ma ha riconosciuto che il nostro ricorso è motivato e ha fatto riferimento per la quantificazione del danno economico ad una trattativa già avviata tra presidenti delle regioni e ministero dello Sviluppo Economico. Sottolineo che il tavolo con il ministro Patuanelli è saltato perché si voleva discutere soltanto dei danni provocati dalla chiusura di qualche giorno fa, mentre è ovvio che dovremo parlare soprattutto dei locali che dallo scorso febbraio non sono riusciti a riaprire.

Per l’autunno è pensabile una riapertura e se sì in quali condizioni?
Purtroppo il Silb non ha ancora la facoltà di leggere nella sfera di cristallo. Speriamo che la pandemia quanto prima rallenti ancora o venga del tutto debellata, cosicché in discoteca e altrove la vita possa tornare a scorrere in modo normale.

La richiesta danni sarebbe da stimare su quanto dichiarate? Ora si parla di una stima di 4 miliardi: perché, in una precedente dichiarazione a dicembre, su Affari & Finanza de La Repubblica, lei parlava di un giro d’affari di un miliardo?
La perdite del settore delle sole discoteche nel periodo di restrizioni sono circa 400 milioni. Poi quando parliamo di 4 miliardi circa è riferito al fatturato dell’indotto del settore intrattenimento nel suo complesso.

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