Per capire il personaggio basti ricordare che si era vantato di portare le figlie a Predappio e di avergli insegnato il saluto romano, “un saluto solare, bello, igienico”. Ma Roberto Jonghi Lavarini, esponente dell’estrema destra milanese detto il barone nero, in una intervista tv aveva sostenuto che il fascismo “è stata una splendida epoca di riforme sociali e di grandezza dell’Italia”, che festeggiava “la marcia su Roma”, che “un goccino di olio di ricino è digestivo” e aveva usato espressioni antisemite. Oggi è stato condannato a 2 anni dal Tribunale di Milano per apologia del fascismo, a seguito dell’imputazione formulata dal pm Piero Basilone. La sentenza è stata emessa dal collegio presieduto da Luisa Balzarotti.

Jonghi Lavarini nel maggio del 2014, commentando le elezioni europee dell’epoca e parlando alla trasmissione Le Iene in prima serata, aveva, come si legge nell’imputazione, esaltato “principi, fatti e metodi del fascismo” e aveva propagandato “idee fondate sulla superiorità e sull’odio razziale”. Del fascismo aveva detto anche che era stato “un grande periodo di civiltà, di benessere, di modernizzazione, di riforme economiche sociali e di grandi infrastrutture”. E ancora ne aveva esaltato i metodi: “Se la forza serve per difendere il mio popolo, sono pronto ad usarla. Tranne qualche sana manganellata e qualche bicchierino di olio di ricino, non è mai successo nulla”.

Sugli oppositori politici del fascismo mandati al confino si era espresso così: “Andavano in bellissime isole a respirare aria buona, anzi se vogliamo dirla tutta l’unico errore vero di Mussolini è che è stato troppo buono“. E, infine, pure una serie di espressioni di “chiara natura razzista” contro gli ebrei. I giudici dell’ottava sezione penale depositeranno le motivazioni tra 90 giorni, i magistrati hanno riconosciuto il reato di apologia del fascismo, contestato dalla Procura, assorbendo come aggravante quello di propaganda di idee fondate sull’odio razziale.

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