Cultura

Coronavirus, spedizioni a domicilio e consigli via social: così le piccole librerie provano a resistere alla chiusura. “La ripartenza sarà faticosissima”

Parola d'ordine: resistere. Perché sull’altra riva del fiume grandi distributori come Amazon se la stanno spassando alla grande. Così i librai da Nord a Sud escogitano soluzioni creative: questionari personalizzati e consigli di lettura per non perdere il rapporto con i lettori

di Davide Turrini

“In 38 anni di mestiere da libraio non ho mai vissuto nulla del genere”. Rocco Pinto, il proprietario della storica libreria torinese ‘Il Ponte sulla Dora’ è come se allargasse le braccia in segno di resa. Da quando giovedì 12 marzo l’ultimo decreto del presidente del consiglio Conte è entrato in vigore, tutte le librerie italiane sono state chiuse. E se per le grandi catene nazionali qualche settimana di stop si proverà ad ammortizzarla sui costi del medio periodo, per le realtà indipendenti si tratta di un vero e proprio passo verso il baratro.

“Prima la salute dei libri, per carità, ma la ripartenza per noi sarà economicamente faticosissima”, spiega Pinto al fattoquotidiano.it. Eppure il consorzio Colti, composto da 13 piccole librerie torinesi, di cui fa parte anche ‘Il Ponte sulla Dora’, di fronte alle prime avvisaglie di possibili chiusure aveva provato a resistere con le consegne a domicilio. Prima ancora dello “state a casa” ufficiale decine di librerie indipendenti di tutte le grandi città d’Italia avevano attivato un servizio autonomo di consegna fin dentro la cassetta delle lettere. Non vi assembrate in libreria, ci pensiamo noi. “Io e mio papà siamo andati per tre giorni a consegnare decine di libri a casa dei nostri clienti campanello per campanello”, racconta Cristina Di Canio de ‘La Scatola Lilla’, una piccola ma iperattiva libreria a due passi da Porta Romana a Milano. Mattia Garavaglia della libreria ‘Golem’ di Torino ha postato una foto su Facebook appoggiato alla vetrina del suo negozio. Di fianco a lui una bicicletta e la scritta “mi metto a disposizione dei clienti di persona”. Stesse consegne “casarecce” anche per Alessandro, proprietario dell’Altroquando di Roma e Giorgio della Confraternità dell’uva a Bologna.

Poi d’improvviso la chiusura. Giusto un attimo per rimboccarsi le maniche e invece di piangere ecco la creatività. Resistere, resistere, resistere. Ognuno, a suo modo, originalissimo. “Certo il problema dei costi da sostenere delegando la consegna ai corrieri era pesante, ma noi abbiamo bisogno di mantenere un rapporto diretto coi nostri clienti“, spiegano dall’Altroquando. “Ecco allora che grazie ai social abbiamo creato un servizio online diverso da quello solito generico: un questionario personalizzato dove dopo diverse domande specifiche su gusti e abitudini del cliente gli consigliamo qualche titolo adatto a lui. Dieci spedizioni al giorno non ci cambiano gli incassi mentre siamo chiusi, ma così riusciamo a rimanere vicini a chi è ci è stato vicino fino ad oggi e speriamo ci rimanga vicino quando la situazione sarà tornata alla normalità”. Cristina Di Canio, invece, ha ideato qualcosa di ancor più social. Ogni giorno alle 12.30 fa una diretta su Instagram intitolata #DivanoLetto. Trenta minuti con lei, il suo gatto e due ospiti (gli ultimi l’attore Stefano Fresi e lo scrittore Massimiliano Virgilio) dove si danno consigli di lettura e non solo. “Adoro raccontare storie – afferma la Di Canio – allora spiego a chi mi segue di prendere appunti su quello che gli sto raccontando. Se la storia interessa, alla riapertura della libreria gli porto io a casa quello di cui ho parlato. Il motto è: se lo vuoi tantissimo, lo aspetti. In questo momento di crisi è nato un incubatoio di idee per il futuro. Diamoci da fare“.

Nei giorni di chiusura non è affatto esclusa la consegna di pacchi di libri ordinati alla propria libreria di fiducia. Più titoli ci sono più si abbassano le spese di spedizione, perché – ovviamente – sull’altra riva del fiume grandi distributori come Amazon se la stanno spassando alla grande. “Le spese da sostenere sono tantissime. Noi siamo una realtà mista con dipendenti da pagare, se le istituzioni non ci vengono incontro con la cassa integrazione rischiamo di chiudere” – spiegano da ‘La confraternita dell’Uva’, una ricca libreria più bar e qualche tavolo per l’aperitivo in pieno centro a Bologna. “Nell’ultimo decreto Cura Italia si parla di riduzione dell’affitto, ad esempio, ma noi intanto lo dobbiamo pagare ora e ce lo scaleranno dalle tasse solo l’anno prossimo”. Difficile trovale il bandolo della matassa per uscirne vivi e ricominciare a vendere di persona, o addirittura come fanno tutte le piccole librerie indipendenti, a organizzare incontri con gli autori, peraltro seguitissimi. “Questa crisi cambierà il nostro modo di vivere le cose di tutti i giorni – chiosa Alessandro dell’Altroquando, anche loro vendita libri più spazio mescita birre artigianali a due passi da Piazza Navona – “spero che in generale si torni a fare la spesa dal proprio pizzicagnolo, si vada dalla merceria o drogheria sotto casa. Far sopravvivere i piccoli negozi di vicinato vorrà dire far rinascere i propri quartieri. Un minimo di solidarietà verso i più piccoli e indipendenti per rendere la ripresa che verrà meno dura”.

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