Una vicenda “gravissima e quasi disumana”. È da annullare la sentenza della corte d’Assise d’appello di Roma, che ha ridotto da 14 a 5 anni la condanna per Antonio Ciontoli, accusato dell’omicidio di Marco Vannini, fidanzato di sua figlia. Per il il sostituto procuratore generale della Cassazione Elisabetta Ceniccola sono da annullare anche le condanne a tre anni di reclusione per i familiari di Ciontoli. In secondo grado l’omicidio volontario era stato derubricato in omicidio colposo.

“Marco Vannini non è morto per un colpo di arma da fuoco, ma è morto per un ritardo di 110 minuti nei soccorsi” da parte della famiglia Ciontoli ha spiegato l’accusa durante la requisitoria davanti alla I sezione penale che deve decidere se riaprire il processo per l’omicidio Vannini. Il ritardo nel chiamare i soccorsi “costituisce l’assunzione di una posizione di garanzia verso Vannini, presa da parte di Antonio Ciontoli e dai suoi familiari. Antonio Ciondoli ha ottenuto l’adesione di tutta la sua famiglia per evitare effetti dannosi sul suo lavoro dopo aver sparato un colpo di pistola a Marco Vannini, il fidanzato di sua figlia, nella abitazione di Ladispoli il 18 maggio 2015. Ciontoli e tutti i suoi familiari, la moglie e i due figli, erano in grado di capire che un proiettile lasciato in un corpo umano lo avrebbe portato alla morte“. Il pg della Cassazione ha proseguito la sua requisitoria ricordando ancora che “per ben 110 minuti hanno mantenuto una condotta reticente e omissiva parlando al telefono con gli operatori del soccorso”.

Anche la parte civile chiede la riapertura del processo e pene più severe: “Ciontoli ha seguito passo per passo l’agonia di Marco Vannini, pensando solo a salvare il suo posto di lavoro. La morte del ragazzo avrebbe portato via l’unico testimone di quello che è successo nell’abitazione di Ladispoli” ha affermato nella sua arringa il professore Franco Coppi, legale di parte civile dei familiari di Marco Vannini. Coppi ha ricordato che Vannini “è stato colpito da un’arma micidiale, lo sparo gli ha trapassato cuore e polmone, e una costola, e si è fermato sotto i muscoli del petto. Il cuore di Marco ha continuato a pompare sangue fino alla fine, si sarebbe salvato se lo avessero soccorso, come ha riconosciuto con onestà lo stesso consulente della difesa”, ha aggiunto Coppi. Chiusa con un’archiviazione l’indagine sull’ex comandante di Ladispoli che era stato indagato per favoreggiamento.

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