Voglio morire facendomi di oppio ed eroina. Un viaggio all’inferno, nel paesino messicano di Zapotal, senza ritorno. O quasi. Appuntamento con la Lady (Feltrinelli), scritto dal giovane Matteo Garcia Elizondo, è un altro diario intimo, questa volta su una fuga dalla città verso il disfacimento che si autoinfligge un ragazzo che si spinge al limitare di una foresta. Una storiella controcorrente irrorata di pere, di piste, di gomma, di ceri, di spade, di kit e di latta. Tema scolastico di una pesantezza ipotattica dilatata a dismisura. Psichedelia onirica che osserva la beat generation col binocolo. Maledettismo maudit tratteggiato con una superficiale elencazione e rimescolamento di luoghi comuni del caso (gli incontri fortuiti e strambi, i trip, i risvegli, la sensazione di fastidio per il prossimo). Se poi scopriamo che la fuga prevede perfino il portarsi con sé taccuino e penna, che rimangono sempre in mano (pardon, “tra le palle”) al protagonista, ecco svelarsi il bluff letterario di una poetica alla vana ricerca nel testo di un disincanto umano e intellettuale per la vita. Quando invece il reale effetto allucinogeno nell’autore potrebbe servire a comporre quel testo in maniera più disincantata. Touché. Anzi, cliché. Voto: 4

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Lo Scaffale dei Libri, la nostra rubrica settimanale: diamo i voti da Kyto Aya agli scrittori in fuga vero Canada, Messico, e… Berlino

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