Ah, Milano. La città migliore d’Italia, Milano. Dove non ha importanza che l’aria sia irrespirabile da 20 giorni. Perché è falso che lo sia: qui, nel centro modello che il Belpaese deve seguire a tutti i costi, pena l’esclusione dalle mappe geopolitiche che contano, le polveri sottili si trasformano in oro.
Ah, Milano. Coi valori di Pm10 due volte oltre i limiti (ma quando hai il sushino a casa, l’ape sui rooftop e i depositi bancari pieni, che problema c’è?). Ah, Milano. Dove l’amministrazione è costretta ad anticipare i divieti di secondo livello del protocollo aria. E fa nulla se stiamo tutti col naso all’insù, aggrappati alla speranza pleistocenica che la pioggia arrivi. E che si porti via lo smog.
Milano, dove in questi giorni, mentre i veicoli diesel fino all’Euro 4 non possono circolare, è in corso un dibattito surreale. Siccome è dimostrato che l’inquinamento, nelle città, è dovuto in larga misura al riscaldamento degli edifici, di fronte all’usanza – diffusissima – dei negozianti di tenere aperte le porte dei propri locali, ci accordiamo così: permettiamo loro di lasciarle aperte 10-12 ore al giorno (l’equivalente, in termini energetici, del fabbisogno del mio bilocale da 50 metri quadrati in 48 ore); in compenso li obblighiamo a installare le mitiche “lame d’aria”, ovvero getti di aria calda installati all’ingresso. Così riduciamo la dispersione di calore fino al 40%. Applausi, applausi green(washing).
Il sindaco della migliore città d’Italia, Beppe Sala, che si è tenuto le deleghe all’Ambiente (assessori, tutti contenti?), che si fa immortalare mentre regala borracce agli studenti a uso e consumo di tv e social, che dà il via libera al taglio degli alberi secolari del campus Bassini, che concede ai costruttori degli scali ferroviari ampissimo spazio per cementificare (inserendo nei progetti un indice di edificabilità senza pari a Milano), sembrerebbe pronto – uso il condizionale perché ho provato ad avere conferme da tre assessori e dal suo portavoce, con scarsissimi risultati – a calare le braghe di fronte ai commercianti. Che le porte dei negozi non le vogliono chiudere. E allora “lame d’aria” siano. Alla faccia della mozione, approvata a Palazzo Marino, contro il surriscaldamento climatico.
La soluzione sarebbe una e una sola. I consiglieri del Pd, Carlo Monguzzi e Aldo Ugliano, l’hanno indicata qualche tempo fa: un’ordinanza che obblighi i commercianti a chiudere le porte. Il sindaco prenda spunto dalla collega di centrodestra di Piacenza, Patrizia Barbieri. La mia previsione? Nonostante le belle parole dedicate a Greta Thunberg e all’ecologismo modaiolo, non farà nulla. Forza, Sala, basta coi compromessi: provi a stupirmi.
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