La storia della guerra “distratta” al cambiamento climatico è fatta di ritardi e occasioni perse. Una di queste è senz’altro la conferenza sul clima che si è svolta nel 2009 a Copenhagen. C’è una causa precisa, però, che ha mandato in fumo tutti i buoni propositi che sembravano animare i mesi precedenti alla Cop 15. Le cronache l’hanno ribattezzata “Climategate” e nel suo libro “Guerra Calda” (Edizioni Solferino, 16 euro), il giornalista e conduttore Gerardo Greco, ex direttore di Radio1 e del Tg4 e corrispondente da New York per la Rai, racconta quello che è accaduto sotto forma di un romanzo che ha la tensione di un thriller. Una spy story dagli scenari apocalittici. Che, in alcuni casi, sono già realtà. Perché il “Climategate“, gettando ombre sugli scienziati che studiavano i cambiamenti climatici, ha contribuito al fallimento della conferenza e ad alimentare l’inerzia degli Stati. Che si è rivelata fatale. Così, per iniziare il romanzo, Greco è partito dalle sue origini, dalla Val di Fiemme, in Trentino, ai piedi della foresta dove ha trascorso tanti pomeriggi della sua infanzia, devastata nel 2018, nove anni dopo Copenhagen, da un ciclone violentissimo. Il bosco dove l’autore passeggiava da bambino non c’è più, anche se sui fianchi della montagna restano i tronchi abbandonati. L’odore del legno tagliato è quello della battaglia che il giornalista ha visto combattere per vent’anni, anche se in altri scenari: nel palazzo delle Nazioni Unite, nelle conferenze internazionali, nei talk show televisivi.

IL CLIMATEGATE – Il romanzo, dunque, ruota intorno a quella conferenza Onu. È dicembre 2009 e l’appuntamento in Danimarca avrebbe dovuto e potuto rappresentare una svolta nella lotta alle emissioni di gas serra. Un “incidente di percorso” ha però compromesso quel percorso con effetti devastanti. Cosa è accaduto il libro lo racconta attraverso la storia Noah e Iskra, due giovani attivisti, entrambi nipoti di esuli siberiani che si conoscono, prima su Facebook, perché entrambi cercano di capire chi ci sia dietro il Climategate.

LA STORIA DI NOAH E ISKRA – Quando i due ragazzi si incontrano, Noah, che è cresciuto in New Jersey, è allo Ziggurat, University of East Anglia (Gran Bretagna), dove si studiano i cambiamenti climatici e dove lui ha il suo piccolo pezzo di realtà da capire e catalogare, ossia gli alberi di Yamal. Sono i larici i cui campioni consentono agli scienziati di ricostruire una cronologia fondata sull’analisi degli anelli dei tronchi per svelare i cambiamenti climatici degli ultimi quattromila anni. Iskra, invece, è esperta di digitale e vive a Tomsk, Siberia sudoccidentale. Cosa li fa incontrare?

IL FALLIMENTO DI COPENHAGEN – Un mese prima della conferenza sul clima di Copenhagen, a Norfolk, alla University of East Anglia, un hacker entra nel server del Dipartimento di Ricerca sul clima e si porta via 160 megabyte di dati. Migliaia di mail e documenti che svelano il lavoro svolto, in vista della conferenza, ma anche le preoccupazioni di climatologi e gruppi intergovernativi sul cambiamento climatico. Solo che ci sono degli scambi di mail, frasi che si prestano a diverse interpretazioni, in alcuni casi decontestualizzate. Quanto basta a gettare ombre sui dati e sulla correttezza degli scienziati che dovevano scrivere i rapporti ufficiali sul clima. È cronaca: il Climategate spinge l’opinione pubblica a domandarsi se quella del cambiamento climatico non sia una bufala. Alla fine, diverse inchieste dimostreranno che non c’è alcun complotto, che gli scienziati raccontano la verità, ma è troppo tardi. È proprio allora che Donald Trump pronuncia la frase ormai passata alla storia: “Questa storia del cambiamento climatico è tutta un bufala”. Perché nel frattempo il dubbio insinuato ha tolto credibilità agli esperti e allo stesso summit, che si chiude con il riconoscimento della necessità di fermare l’aumento delle temperature al di sotto dei due gradi, ma con zero sanzioni per i Paesi che non seguono la retta via. Nel frattempo la verità non è più solo nei grafici dei climatologi.

IL DISASTRO BUSSA ALLA PORTA – Ci circonda, bussa alla porta, distrugge i luoghi nel nostro passato e del futuro. Ha cambiato il presente. Un anno dopo Copenhagen, nel 2010, con l’estate di incendi di Mosca. Nel frattempo Noah e Iskra riescono a mettere insieme i pezzi del puzzle per capire chi ci sia dietro lo scandalo del clima: è tutto partito dai server siberiani. Dalla terra delle langhe ghiacciate, dove il riscaldamento globale pare non dispiacere poi tanto ai signori del gas. Due anni dopo, nel 2012, i due protagonisti si ritrovano a vivere, ormai insieme, anche la devastazione dell’uragano Sandy, che sconvolge New York. Gli effetti del cambiamento climatico si vedono anche in Italia. Noah e Iskra se ne accorgono sulla spiaggia di Ravenna, le cui coste sono erose dal mare che continua a crescere, ma soprattutto durante la tempesta che si è abbattuta sul Nord-Italia nel 2018. Tutto vero, è cronaca, anche se intrecciata alla storia dei protagonisti, che proprio nelle ore della tempesta riescono a diventare genitori. Nell’estate del 2019, una serie di incendi devastano i boschi della Siberia. Si torna in quei luoghi chiave per l’epilogo. Inatteso.

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