Cinema

Golden Globe 2020, i vincitori: trionfano “1917” di Mendes e Joaquin Phoenix. Martin Scorsese grande escluso

È stata un’edizione in parte sorprendente e in parte prevedibile: la serata è stata condotta dal comico Ricky Gervais, cinico al punto giusto. Fra i discorsi politici si è distinto quello accorato di Patricia Arquette e quello a favore dei diritti femminili proclamato da Michelle Williams

di Anna Maria Pasetti

È stata un’edizione in parte sorprendente e in parte prevedibile quella dei 77mi Golden Globes Awards, che stanotte ha assegnato 25 premi fra cinema e serie televisive dividendo entrambe in drammatici e commedie o musical. Assegnati dalla Hollywood Foreign Press Association (HFPA) che hanno peferito il war drama 1917 del britannico Sam Mendes –ancora ignoto al pubblico italiano che lo vedrà nelle sale dal 23 gennaio – a diversi titoli acclamati nel mondo (e nei festival) fra cui Storia di un matrimonio, Joker e – soprattutto – The Irishman di Martin Scorsese, l’unico tra i plurinominati che torna a casa senza alcun riconoscimento. Un vero smacco per il maestro newyorkese che con il suo monumentale e definitivo mafia movie era riuscito a riunire i propri attori di una vita (De Niro, Pacino e Pesci) in un’opera potente e dolente, un vero viaggio attraverso la Storia criminale (e non solo) americana e i suoi rimossi.

È probabile che la stampa estera a Hollywood sia rimasta maggiormente impressionata dal notevole lavoro (sulla carta, non avendo ancora visto il film) che Mendes ha compiuto raccontando la I Guerra Mondiale in 1917, film girato in un unico pianosequenza grazie anche al genio di Roger Deakins che ne ha curato la fotografia. L’opera si è dunque portata a casa i principali due Golden Globes: miglior film drammatico e miglior regia. Anche Quentin Tarantino può dirsi soddisfatto: il suo C’era una volta a…Hollywood ha vinto come miglior film commedia o musical, come miglior sceneggiatura (andata direttamente a Quentin da sempre anche sceneggiatore dei suoi lavori) ed ha permesso a Brad Pitt di portare a casa il suo primo Globe, quello da attore non protagonista. Un premio che, a dirla tutta, sarebbe stato meglio riposto alla performance di Joe Pesci, il migliore del trio diretto da Scorsese.

Prevedibili, si diceva, sono invece stati i riconoscimenti ai protagonisti “drammatici”, specie all’insuperabile Joaquin “Joker” Phoenix che, visibilmente toccato, ha ritirato la sua statuetta del globo dorato davanti a una standing ovation. Politico e tormentato il suo discorso di ringraziamento che ha riguardato il dovere degli americani a votare con coscienza alle prossime presidenziali e a salvaguardare l’ambiente, ma ha coinvolto anche aspetti più personali della sua vita, includendo un ricordo al fratello River tragicamente scomparso. L’attore americano ha comunque fatto sorridere la platea ammettendo “di essere un pain in the ass, e per questo vi ringrazio di sopportarmi”. Commossa anche Renée Zellweger miglior attrice in Judy (in Italia dal 6 febbraio) dove naturalmente interpreta la Garland: al suo terzo Golden Globe, la performer texana ha ritirato il premio ricordando che “non conta dove si arriva, ma il viaggio che si percorre”.

Emozioni sono arrivate anche sul fronte “commedia o musical” che oltre a Tarantino ha visto trionfare Rocketman, biopic sulla vita di Elton John. L’artista inglese era presente alla kermesse e ha ritirato il riconoscimento per la miglior canzone (I’m Gonna Love Me Again) insieme al suo sodale e amico di sempre Bernie Taupin, e si è visibilmente commosso assistendo all’incoronazione da miglior attore protagonista di Taron Egerton che nel film lo interpreta in maniera straordinaria. Nella stessa categoria, il premio all’interpretazione femminile è andato alla sino-americana Awkawafina per The Farewell, da poco uscito nelle sale italiane. Carico di emozioni è stato anche il momento di Laura Dern, eletta best supporting actress nei panni della magnifica avvocatessa in Storia di un matrimonio: il film di Noah Baumbach era il più nominato ai Golden Globes (6 candidature) ma è riuscito a trasformare solo questa.

Favoritissimo, infine, era Parasite del sudcoreano Bong Joon-Ho: la meravigliosa opera già Palma d’oro a Cannes non aveva praticamente rivali nella cinquina dei film stranieri, ed è probabile l’esito si replicherà ai prossimi Oscar. Nell’universo delle serie televisive a trionfare sono state Succession (miglior serie drammatica) di HBO, che ha visto premiato anche il suo protagonista Brian Cox, l’acclamata britannica Fleabag (Prime Video) come miglior serie commedia o musical che ha portato alla vittoria anche la sua autrice Phoebe Waller-Bridge come miglior attrice protagonista, e la favorita mini-serie Chernobyl (HBO-Sky) premiata anche per il suo attore non protagonista Stellan Skarsgaard. Olivia Colman ha vinto un Golden Globe da miglior protagonista per il secondo anno consecutivo e – ancora una volta – grazie allo scettro di sovrana d’Inghilterra: dopo The Favourite dello scorso anno, l’attrice britannica è stata “incoronata” best actress per la seconda stagione di The Crown (Netflix).

Il banchetto rigorosamente vegano della 77ma edizione dei Golden Globe Awards ha trovato ancora una volta il suo “host” nel brillante comico inglese Ricky Gervais, cinico al punto giusto nel suo aplomb British convinto che “tanto sarà l’ultima volta, moriremo tutti presto” alludendo ai recenti interventi di politica estera di Trump. Fra le mille battute, il caustico Gervais non ha mancato di ironizzare sulla supremazia di Netflix “Sei su Netflix? Hai già vinto! Tanto la gente non va più al cinema…”. Una serata, quella organizzata dalla HFPA, in buona parte dedicata al disastro ambientale – e umano – in corso in Australia, tanto che Russell Crowe ha deciso di non ritirare il suo Golden Globe come miglior attore della mini-serie The Loudest Voice perché desideroso di rimanere al fianco della sua gente.

Da segnalare gli emozionanti momenti dedicati alla stand-up comedian Ellen DeGeneres– premiata alla carriera con il Carol Burnett Award – la prima attrice a dichiararsi gay, e a un commosso Tom Hanks, a cui è stato attribuito il Cecil B. DeMille Award alla carriera. Fra i discorsi politici si è distinto quello accorato di Patricia Arquette (miglior attrice non protagonista per la mini serie The Act) che ha accusato “un presidente che twitta di minacciare di bombardare diversi luoghi e persone” e quello a favore dei diritti femminili proclamato da Michelle Williams nel suo discorso di ringraziamento per il premio come miglior attrice della mini-serie Fosse/Verdon.

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