Ma veniamo alle nostre tre carte ‘finto nuove’. La Brexit sarà cosa fatta al 31 gennaio, nel senso che l’Ue non sarà più a 28 ma a 27. Ma tutto l’anno se ne andrà nei negoziati tra Bruxelles e Londra sul futuro assetto delle relazioni tra Regno Unito – ma non troppo, con la Scozia e l’Ulster in agguato e in subbuglio – e Unione europea, più unita che mai, invece, su questo fronte.

Il negoziato post Brexit sarà uno dei banchi di prova delle nuove Istituzioni europee uscite dall’anno delle elezioni e del rinnovo delle cariche: la Commissione europea della presidente – donna e tedesca – Ursula von der Leyen s’è data priorità di ampio respiro nel segno del rilancio della crescita e dell’occupazione, dell’integrazione e della coesione, dell’ammodernamento e dell’adeguamento energetici e digitali del modello europeo. Ma, nell’immediato, deve chiudere il discorso del bilancio Ue pluriennale.

A farlo presto e bene non l’aiuta molto il calendario delle presidenze di turno del Consiglio dell’Ue: inizia la Croazia, all’esordio, cui darà il cambio il 1° luglio una Germania, non all’apice delle sue forza economica e solidità politica. Ed è un handicap la situazione malferma di molti leader europei: in Italia; in Spagna; in Germania, dove la cancelliera Angela Merkel è logorata dalle sconfitte sue e dei suoi alleati; anche in Francia, dove il presidente Emmanuel Macron è oggetto di contestazioni radicali e violente.

Il clima: abbiamo appena finito di parlarne alla Cop 25 di Madrid, ma siccome la conferenza è stata un buco nell’acqua, se non nell’ozono, ne continueremo a parlare fino alla Cop 26 di Glasgow (e il percorso d’avvicinamento prevede tappe in Italia).

Usa 2020 fa l’unanimità degli interessi: ci aspettano 300 giorni di campagna elettorale, passando attraverso le primarie – da febbraio a giugno -, le convention – in estate –, i dibattiti presidenziali – settembre e ottobre -. Tutto potrebbe prendere colori più intensi e avere magari sbocchi imprevisti se la procedura d’impeachment contro Trump non si esaurisse presto in Senato, ma restasse viva: potrebbe rivelarsi un peso sul percorso elettorale del magnate presidente, o un boomerang su quello dei suoi rivali.

Contro Trump, i democratici devono decidere chi schierare: lo faranno, nei prossimi mesi. Per ora, l’onda anomala di una trentina di aspiranti alla nomination democratica ha fatto emergere un poker di Grandi Vecchi, l’ex vice-presidente di Barack Obama Joe Biden, i senatori Bernie Sanders e Elizabeth Warren e il miliardario Mike Bloomberg, tutti ultra-settantenni e tutti bianchi: Biden e Bloomberg sono moderati; Sanders e la Warren sono ‘sinistrorsi’. A loro, prova a tenere testa – e finora ci riesce – Pete Buttigieg, il ‘nipote d’America’, 37 anni, sindaco omosessuale e arcobaleno d’una cittadina dell’Indiana, South Bend.

Una di queste carte rimaste in mano ai democratici si rivelerà vincente?, o Trump ce la farà ancora?, o uscirà un jolly?, e ci sarà la ‘sorpresa d’ottobre’? Tutte le opzioni sono aperte, a un mese dall’avvio, il 3 febbraio, nello Iowa, terra di caucuses, del più grande spettacolo politico mondiale, l’elezione del presidente degli Stati Uniti.

TRUMP POWER

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