Il cosiddetto Decreto clima, pubblicato il 13/12/2019 nella Gazzetta Ufficiale n. 292, rappresenta una prima misura nell’ambito degli impegni sottoscritti dall’Italia a livello internazionale. Un testo certamente migliore della prima versione, anche se permangono alcune criticità che si spera vengano presto affrontate. Vediamone alcune.

Art. 1

Come è noto, molte azioni di lotta agli inquinanti hanno anche effetti sulla riduzione delle emissioni climalteranti e viceversa. Ed è per questo che l’atto, impropriamente definito Decreto clima, in realtà riguarda “misure urgenti per la definizione di una politica strategica nazionale per il contrasto ai cambiamenti climatici e il miglioramento della qualità dell’aria”. Anzi, nasce più per rispondere ad alcune procedure di infrazione comunitaria sulla qualità dell’aria (non ottemperanza dell’Italia agli obblighi previsti dalla Direttiva 2008/50/CE), che non di contrasto diretto ai cambiamenti climatici.

Chiarito questo, si prefigura un Programma strategico nazionale per il contrasto ai cambiamenti climatici e il miglioramento della qualità dell’aria. Ci si augura che tale Programma sia in sinergia con il Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec), mai citato nel testo, in via di approvazione. Sarebbe negativo se le due tematiche – riduzione emissioni climalteranti e riduzione inquinanti – rimanessero distinte e affrontate separatamente (ognuna con il proprio ministero competente), ritardando ancor di più quell’approccio olistico che appare sempre più necessario.

Art.2 e Art.3

Sulle misure per incentivare la mobilità sostenibile, molto bene l’approccio legato alla rottamazione dei vecchi autoveicoli (Euro 3) e motoveicoli (Euro 2 e Euro 3), che, per la prima volta, viene associato (buono mobilità) all’acquisto di abbonamenti al trasporto pubblico locale e regionale e di altri servizi a esso integrativi, nonché di biciclette anche a pedalata assistita. Viene quindi sottolineato il messaggio che un’auto (seppur vecchia) non va sostituita con un’altra auto (seppur nuova e meno inquinante).

Si poteva completare tale prospettiva con una “visione” ancor più netta. Quando si potrà affrontare il tema del bando totale delle auto inquinanti, benzina e diesel, nelle aree urbane? Proporre, ad esempio, che entro il 2040 non sarà più possibile mettere in vendita auto a motore endotermico, come proposto dalla Danimarca al Consiglio dell’Ue, sarebbe stato un buon argomento da inserire. Non si è ancora capita la forza che hanno i Governi di “anticipare” e “indirizzare” il mercato.

Tale forza ce l’hanno anche le città, certamente le più grandi, come la capitale, che dal maggio 2018 ha nel cassetto una proposta per eliminare progressivamente tutti i veicoli endotermici entro il 2035, ma non ha nemmeno il coraggio di discuterla.

Analogamente al tema della mobilità, anche il tema del riscaldamento degli edifici andava affrontato nell’ambito del Decreto clima, visto il suo impatto sulla qualità dell’aria, anche superiore a quello dei mezzi di trasporto.

Art. 4

Senz’altro positivo piantare e, soprattutto, manutenere gli alberi. È quindi importante vigilare su “quali criteri di selezione, in particolare, la valenza ambientale e sociale dei progetti” verranno adottati. Il coinvolgimento della cittadinanza risulta strategico. Se ben pianificato, potrà moltiplicare gli obiettivi. Sulla base di sperimentazioni già svolte, come ad esempio il progetto ReTree Porta Metronia, associare l’azione pubblica istituzionale con azioni di crowdfunding dal basso rappresenta una strada molto interessante da percorrere.

Art. 5

Nell’ambito di ulteriori disposizioni per fronteggiare le procedure d’infrazione in materia ambientale, si concede la possibilità di avvalersi di società in house delle amministrazioni centrali dello Stato. Ebbene, in particolare sui temi ambientali, sarebbe ora di fare un’approfondita analisi costi-benefici finalizzata a capire se conviene mantenere tali strutture o inglobare negli stessi ministeri le professionalità veramente meritevoli.

Art. 7

Rispetto alla versione precedente, è stata eliminata la possibilità di uno sconto sui prodotti al consumatore sostituendolo con un contributo al commerciante per le spese sostenute al fine di mettere a disposizione dei beni sfusi o alla spina. Certamente più facile da gestire, ma l’altro era veramente stimolante e avrebbe fatto più presa sul consumatore che vedeva un risparmio diretto nella sua spesa. Inoltre, per quegli esercizi commerciali che da decenni ormai portano avanti tale approccio (e hanno quindi già affrontato tali spese) non è previsto nulla?

In conclusione, cosa si voleva comunicare con tale decreto? Che si ridurranno le emissioni climalteranti in linea con gli impegni assunti? Sappiamo tutti che esso lontanamente servirà a raggiungere tale scopo. Le emergenze in atto non si risolveranno mai se le affrontiamo a colpi di singoli e parziali decreti che rimandano ai soliti decreti attuativi: quando saranno operativi, le emergenze saranno certamente aumentate di intensità.

Per superare questa mancanza di visione e per un reale coordinamento super partes, più volte è stato suggerito un ruolo diretto della Presidenza del Consiglio dei Ministri che possa, con coraggio, affrontare anche il tema della riduzione dei sussidi alle fonti fossili, punto nevralgico per combattere seriamente l’emergenza climatica.

Magari questa volta, con l’avvio del Programma strategico nazionale introdotto nell’articolo 1, qualcuno ci penserà su.

Articolo Precedente

Genova, le orche avvistate a inizio dicembre lasciano il porto e si dirigono verso ovest

next
Articolo Successivo

Clima, per evitare la tragedia c’è poco tempo. Nel 2020 servirà tutta la mobilitazione possibile

next