Cultura

Nobel per la Letteratura, assegnati alla polacca Olga Tokarczuk e all’austriaco Peter Handke

Un’assegnazione tutta all’interno di un’area culturale mitteleuropea, letterariamente spaccata tra avanguardia passata stagionata e attivismo letterario contemporaneo, nonostante i buoni propositi ufficiali di uscire dal classico eurocentrismo

di Davide Turrini

Il Nobel per la Letteratura 2019 si sdoppia e va allo scrittore austriaco Peter Handke e alla scrittrice polacca Olga Tokarczuk. Dopo gli scandali sessuali che hanno colpito anche l’Accademia di Svezia e fatto saltare l’assegnazione del 2018 ecco un ritorno vecchio stile per il Nobel che di recente è stato perfino del cantautore Bob Dylan. Un’assegnazione tutta all’interno di un’area culturale mitteleuropea, letterariamente spaccata tra avanguardia passata stagionata e attivismo letterario contemporaneo, nonostante i buoni propositi ufficiali di uscire dal classico eurocentrismo.

La Tokarczuk, 57 anni, Man Booker International Prize nel 2018 per Flights, premiata per aver immaginato “una narrativa che, con passione enciclopedica, rappresenta l’attraversamento dei confini come forma di vita”, è pressoché sconosciuta in Italia. Solo tre le opere tradotte: Vagabondi (2018, Bompiani); Dio, il tempo, gli uomini e gli angeli (1996, E/O poi Nottetempo); Casa di giorno, casa di notte (Farenheit 451, 1998); Che Guevara e altri racconti (Forum, 2006). Attivista politica fortemente in contrasto con i governi nazionalistico-conservatori polacchi degli ultimi anni, Tokarczuk è una delle figure più in vista della letteratura contemporanea del suo Paese. Stilisticamente più a suo agio con la novella, il racconto, la frammentazione formale che romanziera di ampio respiro, spesso mescolando saggio e finzione, l’autrice polacca nel 2014 ha pubblicato un importante romanzo sulla storia ebraica ambientato nel XVIII secolo che ha scaldato parecchio gli animi tra gli storici.

Di tutt’altro spessore la lunga carriera di Peter Handke, premiato dall’Accademia di Svezia per “la straordinaria attenzione ai paesaggi e alla presenza materiale del mondo, che ha reso il cinema e la pittura due delle sue maggiori fonti di ispirazione”. Settantasei anni attivo fin da metà anni sessanta, Handke si impose in contrapposizione ai letterati austro-tedeschi di metà novecento tra cui Heinrich Boll accusati di “impotenza descrittiva”, prima con diversi testi teatrali di rottura, divenendo negli anni settanta lo scrittore simbolo di una “generazione intermedia senza storia”. Una figura letteraria più orientata a isolarsi, apparire il meno possibile, ma soprattutto allontanarsi da un passato drammatico e ingombrante di Germania e Austria, letteralmente impronunciabile. Nel 1972 Prima del calcio di rigore, uno dei suoi primi lavori datato 1970, il vagabondare di un operaio appena licenziato, ex portiere di calcio che vaga per Vienna tra mercati, cinema, alberghi e finisce anche per uccidere (svagatamente) una donna, diventa sceneggiatura per il secondo film di Wim Wenders con cui collaborerà indefessamente fino ai giorni nostri: Falso movimento (1975), ma soprattutto Il cielo sopra Berlino (1987), che diventerà un successo mondiale di pubblico e critica, City of angels nel 1998 e I bei giorni di Aranjuez (2016).

Tutti script originali che Handke ha regalato all’amico Wenders senza però trarli da un proprio romanzo. Una letteratura formalmente eterogenea, vagamente sperimentale, quella di Handke, dal diario raccolta di frammenti di pensieri al romanzo tout court, ma sempre con un occhio di riguardo per questa esposizione di avvenimenti banali, scontati, esposti spesso con una scrittura scarna. Pubblicato in Italia da Feltrinelli, Guanda, Garzanti ed Einaudi, Handke va ricordato anche per un saggetto semiautobiografico ed emblematico di una poetica durata più di quarant’anni che s’intitola Saggio sulla stanchezza, dove non viene dipinto nessuno scenario epicamente drammatico a livello esistenziale, ma attraverso un processo creativo contemplativo vengono elencate le proprie personali stanchezze. Handke è anche finito nell’occhio del ciclone per la sua vicinanza extraletteraria, più “intellettuale”, con l’ex leader serbo Slobodan Milosevic che andò a visitare anche in carcere. Nel 2005 lo scrittore originario della Carinzia criticò il tribunale dell’Aja contestandogli la legittimità nel condannare proprio l’ex dittatore serbo. “Sono profondamente convinto che il tribunale mondiale (…) non serve a nulla (…) e non aiuterà a una virgola all’accertamento della verità”, scrisse in un saggio pubblicato su una rivista tedesca. Secondo Handke il tribunale dell’Aja venne messo in piedi proprio “da quelle forze e quei poteri” che erano parte in causa nei bombardamenti in Jugoslavia nel 1999 e nel conflitto in Kosovo. Nel 1996 Handke aveva provocato ulteriore scandalo con la pubblicazione di “Viaggio d’inverno lungo i fiumi Danubio, Sava, Morava e Drina” (Einaudi) dove sosteneva che le vere vittime della guerra civile in Jugoslavia sarebbero stati i serbi.

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