Donald Trump ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale a tutela delle reti di comunicazione. Con un ordine esecutivo, il presidente ha autorizzato il Dipartimento per il commercio ad impedire alle società statunitensi di commerciare con determinati fornitori esteri. Il Dipartimento, poche ore dopo la decisione di Trump, ha reso noto di aver aggiunto la compagnia di telecomunicazioni cinese Huawei e i suoi affiliati nella lista delle società potenzialmente a rischio per la sicurezza nazionale e gli interessi di politica estera americana. Il gruppo cinese ha risposto che queste limitazioni “sono irragionevoli e non renderanno il Paese più sicuro o più forte, anzi lo limiteranno e lo obbligheranno a cercare alternative inferiori e più costose”. Più tardi il portavoce del ministero del Commercio Gao Feng ha fatto sapere che la Cina “si oppone con forza alla imposizione unilaterale di sanzioni” e “ha enfatizzato molte volte che il concetto di sicurezza nazionale non dovrebbe essere abusato e non dovrebbe essere utilizzato come uno strumento per il protezionismo commerciale”.

La decisione di Trump va inserita nelle tensioni tra il governo statunitense e la compagnia cinese per l’installazione sul suolo americano delle infrastrutture necessarie al 5G, l’evoluzione tecnologica del 4G in termini di comunicazione wireless. Huawei è considerata leader nel settore, i suoi impianti sono considerati qualitativamente migliori e più economici rispetto a quelli della concorrenza. Ma la Casa Bianca teme che le infrastrutture realizzate dai cinesi possano esporre i paesi alleati e le basi statunitensi all’estero ad azioni di spionaggio mirato. Un timore espresso anche dall’agenzia governativa di cyber security britannica. Due mesi fa, durante un incontro con Angela Merkel, Trump aveva avvertito che se gli stati europei avessero affidato a Huawei l’installazione delle infrastrutture per il 5G, gli Usa avrebbere limitato le collaborazioni d’intelligence con il vecchio continente.

Sebbene in linea con l’intenzione dichiarata dal presidente di proteggere servizi e tecnologia delle informazioni e delle telecomunicazioni, la scelta dell’amministrazione, secondo i cinesi “lascerà il Paese in ritardo nella distribuzione del 5G, danneggiando gli interessi di aziende e consumatori americani”. Huawei si era detta “disposta a impegnarsi con il governo degli Stati Uniti nel proporre misure efficaci per garantire la sicurezza del prodotto”. La compagnia ha infine affermato che le restrizione commerciali “violeranno i diritti di Huawei e solleveranno altri gravi problemi legali”.

In Italia, il gruppo cinese è un partner di riferimento di Tim, Vodafone, Wind e Tre e ha avviato alcune sperimentazioni a Milano, Bari e Matera. In risposta al pressing americano per chiudere la collaborazione con Huawei, il sottosegretario leghista al ministero dello sviluppo economico Michele Geraci aveva ammesso che cancellare i contratti con l’azienda “potrebbe essere un problema”, chiarendo poi che “la questione non è: Huawei sì, Huawei no. La vera domanda dovrebbe riguardare il fatto che i produttori stranieri di apparecchiature sono autorizzati ad accedere alla tua rete. Non vedo Huawei come un problema, per me è solo uno dei 25 nomi di produttori di apparecchiature tra cui scegliere, con prezzi diversi e qualità diversa”.

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