“Se il Parlamento britannico dovesse respingere l’accordo sulla Brexit, potremmo non uscire mai dall’Unione europea“. A dirlo è la premier britannica Theresa May, che ammonisce i deputati della Camera dei Comuni in vista del voto di martedì 12 marzo sull’intesa raggiunta tra Regno Unito e Ue. Parlando da una fabbrica di Grimmsby, roccaforte brexiteer della contea inglese del Lincolnshire, nel nordest del Paese, May ha lanciato un estremo appello a pochi giorni dalla scelta “cruciale” di martedì. Rigettare l’accordo “significa che nessuno sa cosa potrà succedere – ha detto la premier – Potremmo non uscire dall’Ue per molti mesi, potremmo uscire senza le protezioni che il deal prevede e potremmo non uscire del tutto”.

Nel discorso anticipato ai media britannici, Theresa May ha rivolto un appello anche alla Ue, sollecitando le istituzioni europee a fare qualche concessione sul controverso backstop irlandese, ovvero l’assicurazione sul mantenimento di un confine ‘non rigido’ tra Irlanda e Irlanda del Nord, una volta perfezionata la separazione tra Regno Unito e Ue, in modo che l’Irlanda del Nord possa restare nel mercato comune europeo e nell’unione doganale senza il ripristino dei controlli alla frontiera irlandese. “Esattamente come i parlamentari, anche l’Ue deve fare una scelta”, ha spiegato. “Noi siamo entrambi parte di questo processo. Ed è interesse anche dell’Ue che il Regno Unito esca con un accordo”.

Un doppio fronte, dunque, per la premier, che ha paventato il rischio di salti nel buio nel caso in cui i deputati non votino a favore dell’intesa sull’uscita – voto al momento improbabile – ma anche nel caso in cui la Ue inasprisca le conseguenze del distacco. “Tutti vogliono adesso che un accordo sia chiuso e che si possa andare oltre le polemiche e le asprezze del dibattito per uscire dall’Ue come un Paese unito e pronto a fare del suo futuro un successo”, ha aggiunto ribadendo che i contatti con Bruxelles continueranno anche nel weekend e che le decisioni dei partner europei avranno “un grande impatto sull’esito del voto” di martedì.

Una bocciatura è già arrivata dal leader del Partito laburista Jeremy Corbyn, secondo il quale è un “un segnale di disperazione” l’appello di May per concessioni dell’ultimo minuto sul backstop irlandese. I laburisti non sosterranno l’accordo proposto dalla premier, mentre il giorno dopo voteranno contro l’ipotesi di chiudere senza un accordo: la proposta illlustrata da Corbyn è sempre quella di una “soft Brexit“, che preveda, per esempio, la permanenza del Regno Unito nell’unione doganale europea e un maggior accesso al mercato unico. “Sono proposte che ho illustrato all’Ue e che possono costituire una buona base negoziale” nuova, ha detto il leader progressista, sfidando May a riconoscerle come bozza “di un deal in grado di avere il sostegno della Camera”. Accantonata, invece, per ora l’idea di un secondo referendum: “Non facciamo retromarcia” sull’impegno a votare un emendamento al riguardo più avanti, “ma – ha tagliato corto – al momento la priorità è fermare un no deal”.

A stretto giro arrivano anche le parole del capo negoziatore Ue Michel Barnier, che su Twitter assicura che i 27 Stati membri continueranno a lavorare “nei prossimi giorni per garantire che il Regno Unito lasci l’Europa con un accordo“.


Barnier ha anche ribadito che, rispetto alle concessioni europee, “l’Ue è pronta a dare forza legale a tutti gli impegni della lettera di Juncker e Tusk di gennaio, attraverso una dichiarazione congiunta interpretativa”. “Questo – scrive in un tweet – renderà gli obblighi a fare i migliori sforzi e quelli alla buona fede anche più sanzionabili da parte del pannello arbitrale”. L’Ue, ha detto Barnier, “si impegna a dare al Regno Unito l’opzione di uscire dal territorio dell’unione doganale in modo unilaterale, mentre gli altri elementi del backstop devono essere mantenuti per evitare barriere alle frontiere”. “Il Regno Unito – ha aggiunto il negoziatore francese – non sarà forzato a restare nell’unione doganale contro la propria volontà”. In questo modo, quindi, il Regno Unito sarebbe libero di uscire unilateralmente, mentre l’Irlanda del Nord no.

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