Grazie a rapporti con agenti della polizia penitenziaria riuscivano a usare droga anche in carcere. Dove continuavano a comportarsi da boss, ordinando violenze e intimidazioni. Sono sette le condanne  emesse con il rito abbreviato dal gup del tribunale di Bologna, Gianluca Petragnani Gelosi: la più alta a sette anni e sei mesi. Il giudica ha deciso anche un patteggiamento e dieci rinvii a giudizio. Il processo è l’epilogo dell’operazione Reticolo, che a novembre 2017 aveva messo nel mirino una presunta gerarchia criminale tra i detenuti nel carcere bolognese della Dozza, con al vertice elementi della ‘ndrangheta: a novembre 2017 erano state otto le misure cautelari eseguite dai carabinieri, coordinati dal pm Beatrice Ronchi.

Il giudice ha disposto il processo tra l’altro per Gianluigi Sarcone e Sergio Bolognino, difesi dagli avvocati Stefano Vezzadini e Roberto Filocamo, imputati nel processo Aemilia e fratelli di due figure apicali della cosca emiliana: sono qui accusati di essere stati mandanti di un pestaggio ai danni di un detenuto nella sezione ‘Alta sicurezza‘, punito perché irrispettoso e refrattario alle disposizioni imposte, a dimostrazione, per gli investigatori, della supremazia riconosciuta agli ‘ndranghetisti da parte di detenuti legati alla camorra. Il giudizio è stato fissato davanti al giudice monocratico di Bologna, nonostante l’accusa contestasse l’aggravante dell’aver agito per agevolare un’associazione mafiosa e la connessione con il sodalizio al sodalizio emiliano, che ha epicentro a Reggio Emilia.

La condanna più elevata tra chi ha scelto l’abbreviato è stata per l’agente Fabrizio Lazzari, assolto dal coinvolgimento e dall’omessa denuncia del pestaggio, ma accusato di reati di stupefacenti. Quattro anni e sei mesi è stata la condanna per Loris Maiorano, un altro agente così come per Danilo De Paolis, a tre anni. Tre magrebini, difesi dall’avvocato Matteo Sanzani, sono stati poi condannati a sei anni, mentre un italiano, imputato, è stato assolto da quasi tutte le imputazioni e condannato a quattro mesi di arresto, pena sospesa, solo per una contravvenzione, detenzione di munizionamento per armi da sparo. Un ultimo imputato, Carmelo Candido, ha patteggiato due anni con la condizionale.

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