Sospendere gli effetti del Decreto sicurezza. Riconsiderare le misure sull’immigrazione, dalla stretta al sistema Sprar alla cancellazione dei permessi umanitari. Valutarne l’impatto sui territori. A chiederlo sono più di venti comuni italiani, che nelle scorse settimane hanno approvato mozioni di protesta contro il decreto voluto dal vicepremier Matteo Salvini. In prima fila ci sono grandi centri urbani come Milano, Bologna, Firenze, Palermo, Brindisi, Teramo, a cui presto potrebbero aggiungersene altri. E non si tratta solo di maggioranze di centrosinistra: dopo Torino, nelle ultime ore anche Roma ha chiesto lumi all’esecutivo gialloverde. Da nord a sud il coro di contrari è un po’ dappertutto. Modena, Bergamo, Lecco, Cerveteri, Senigallia, Lucca, Parma, fino a un’ondata di paesi pugliesi, con l’obiettivo unitario di chiedere al ministro dell’Interno e al governo di riconsiderare i contenuti del decreto, la cui conversione in legge, nel frattempo, è stato firmata dal presidente Mattarella.
Sindaco di Brindisi: “Mantenere alta l’attenzione”
Se il fronte delle città è ampio, altrettanto elevato è il rischio che rimangano semplici iniziative politiche. Per questo il sindaco di Brindisi, Riccardo Rossi, chiede che sia mantenuta alta l’attenzione sugli effetti che le nuove norme stanno già iniziando a produrre. “Restringere la rete degli Sprar vuol dire non soltanto distruggere un’eccellenza italiana di accoglienza, ma creare ancora più insicurezza”, spiega Rossi a ilfattoquotidiano.it. “Le nuove norme producono conseguenze contrarie a quelle per cui sono state pensate. I migranti cui viene negato il diritto di essere accolti finiranno per strada, in grandi centri chiusi, nelle mani delle agromafie”. La situazione, a suo dire, poteva essere evitata. “Noi, come tante altre città, abbiamo presentato la mozione prima che il decreto fosse convertito in legge. Speravamo che in Parlamento potesse esserci spazio per fare modifiche. Ma il governo ha deciso di mettere la fiducia”, aggiunge il primo cittadino. “Ora saremo noi sindaci a dover gestire questa emergenza e dobbiamo valutare come muoverci”. Un segnale simile è arrivato anche da altri amministratori locali pugliesi, come quelli che fanno capo al partito Italia in Comune di Federico Pizzarotti. Bitonto, Casamassima, Maruggio, Mesagne, Giovinazzo, Barletta: sono tutti paesi ufficialmente contrari al Dl Salvini. E presto saranno presentate analoghe mozioni negli altri 60 Comuni che fanno riferimento a quest’area politica, fa sapere il coordinatore regionale Michele Abbaticchio. “Il testo ormai è legge, ma non dimentichiamoci che ora si apre la fase delle circolari attuative. Il rischio è che il carico sia riversato tutto sul territorio. È una grande operazione demagogica”.
Milano, Bologna, Firenze: a rischio 2600 persone
Fra le prime città ad aver lanciato un allarme contro le norme sull’immigrazione volute dal governo c’è Bologna, guidata dal sindaco Pd Virginio Merola. Qui, come si legge nella mozione approvata in Consiglio comunale, delle 1078 persone accolte nello Sprar “circa il 75 per cento” è a rischio. Perché? Non hanno i requisiti indicati dalle nuove norme volute dal leader del Carroccio. Per affrontare l’emergenza, che nei prossimi anni potrebbe costare alla città oltre “4 milioni di euro”, il sindaco ha convocato per il 7 dicembre una conferenza aperta a tutti i primi cittadini della città metropolitana di Bologna. “La nostra è un’esperienza che ha fatto da apripista, perché coinvolge 43 comuni su 45 e ha portato alla nascita di uno Sprar metropolitano”, fanno sapere dal Comune. “La preoccupazione è che tutto questo possa complicarsi con l’entrata in vigore della nuova legge. Molte spese, infatti, come quelle relative all’assistenza sanitaria, potrebbero ricadere direttamente sul territorio”. Timori condivisi anche a Milano, dove secondo l’assessore alle politiche sociali Pierfrancesco Majorino presto potrebbero esserci “900 nuovi senzatetto: donne, bambini e famiglie regolarmente presenti sul territorio e titolari di protezione umanitaria, non potranno più stare nei centri di accoglienza e finiranno per strada”. Stessa situazione a Firenze: secondo i calcoli di Palazzo Vecchio, anche qui i migranti a rischio sono circa 900. “Il Dl Salvini più che decreto sicurezza va chiamato decreto insicurezza, perché produce la beffa di aggravare invece di risolvere l’impatto sociale e di sicurezza del territorio”, dice il sindaco Nardella. In totale, solo a Milano, Firenze e Bologna potrebbero esserci 2600 nuovi irregolari. E solo nell’immediato periodo. Un allarme condiviso nelle ultime ore anche dalla città di Parma, dove in commissione consiliare è stata esaminata una mozione bipartisan che presto verrà votata in Consiglio comunale.
Decaro (Anci): “Ora Osservatorio su effetti del Dl”
La battaglia contro la linea del vicepremier leghista, iniziata nei territori e da enti come l’Anpi, è condivisa anche dall’Associazione nazionale comuni italiani. “La nostra Commissione immigrazione ha approvato all’unanimità un documento in cui sono evidenziate le principali criticità del decreto”, spiega a ilfattoquotidiano.it il presidente Antonio Decaro. Fra i membri ci sono sindaci, assessori e consiglieri di tutta Italia. Come Silvana Romano, assessora a Gorizia in giunta di centrodestra, o Laura Baldassarre, assessora alla Persona, scuola e comunità solidale del comune di Roma. Proprio lei ha sponsorizzato nelle scorse ore in Consiglio capitolino l’approvazione una mozione analoga a quella già votata negli altri Comuni. Nonostante il mancato via libera di 4 consiglieri M5s, a Roma si è creato un asse trasversale tra dem e pentastellati per l’ennesima critica al Dl Salvini. Ed è proprio al superamento delle divisioni che guarda Decaro. “La casacca politica di appartenenza non importa. L’abrogazione del permesso di soggiorno per protezione umanitaria e la stretta sul sistema Sprar avranno delle conseguenze sui servizi sociali di tutti i Comuni. Per questo stiamo per lanciare un Osservatorio nazionale sull’impatto della legge sui territori”. Secondo le prime stime dell’Anci, si parla di un aumento dei costi di oltre 280 milioni di euro all’anno. “Solo così potremo dimostrare a livello nazionale le difficoltà che scaturiscono dalla nuova norma”.

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