I democratici conquistano la Camera. I repubblicani conservano la maggioranza al Senato. Le previsioni della vigilia sono state confermate. Dopo una campagna tra le più combattute nella storia delle elezioni di medio termine, si spezza il controllo repubblicano del Congresso. Per Donald Trump, che aveva trasformato queste elezioni in un referendum sulla sua presidenza, si tratta di un arretramento dagli esiti potenzialmente, per lui, molto negativi. I repubblicani si mostrano comunque capaci di mantenere una serie di importanti roccaforti, soprattutto nel Midwest e nel Sud. La loro maggioranza al Senato si consolida, con la conquista dei seggi in Indiana, Missouri e North Dakota.

Per quanto riguarda la Camera, si può parlare di una decisa vittoria democratica. I democratici hanno strappato decine di seggi ai repubblicani in Pennsylvania, Texas, Minnesota, Florida, Virginia, Utah, Illinois, Iowa, Colorado. A dare loro le vittorie più significative sono stati soprattutto i sobborghi, aree di borghesia urbana e nuova immigrazione dove il messaggio fortemente conflittuale di Trump è stato clamorosamente rigettato. A una prima analisi dei flussi elettorali, appare che donne e indipendenti abbiano risolto molte sfide a vantaggio dei candidati progressisti (nelle elezioni di midterm del 2014 erano stati invece i repubblicani a conquistare il voto degli indipendenti). Altre buone notizie per i democratici arrivano dal Midwest: in Illinois J. B. Pritzker strappa la carica di governatore a Bruce Reuner; in Kansas diventa governatrice un’altra democratica, Laura Kelly. Donne, minoranze, candidati LGBT ottengono il successo sperato. Minnesota e Michigan avranno le prime due deputate musulmane, Ilhan Omar e Rashida Tlaib. Alexandria Ocasio-Cortez sarà, a 29 anni, la donna più giovane a entrare alla Camera. Come governatore del Colorado ci sarà il primo gay dichiarato, Jared Polis. E una nativa americana, Sharice Davids, salirà alla Camera per il Kansas.

Se i democratici mostrano la capacità di allargare la propria presa sulle zone urbane, un discorso completamente diverso va fatto per le aree rurali, dove il messaggio di Donald Trump mantiene la sua forza. I democratici avevano impegnato energie e finanziamenti per strappare il seggio della Camera al repubblicano del Kentucky, Andy Barr, e il tentativo non è andato a buon fine. Essere riusciti a strappare ai democratici i seggi da senatore in Indiana, Missouri, North Dakota, Florida è un altro risultato importante per i repubblicani, che mostra la vitalità del GOP in ampie zone del parte del Midwest e del Sud. Altra soddisfazione per i repubblicani, e motivo di delusione cocente per i democratici, è il risultato di Florida e Georgia nelle sfide per la carica di governatore. Nei due Stati del Sud si presentavano due afro-americani particolarmente progressisti: Andrew Gillum e Stacey Abrams. Entrambi, alla fine, non ce l’hanno fatta. In Florida Gillum è stato battuto dal repubblicano Ron DeSantis per un solo punto percentuale; Stacey Abrams in Georgia è stata sconfitta con un margine più consistente, circa dieci punti, dal repubblicano Brain Kemp, uno dei candidati che più ha sottolineato la propria vicinanza alle posizioni di Trump in tema di immigrazione.

I quattro seggi (nel momento in cui scriviamo) che i repubblicani sono riusciti ad aggiungere ai 51 che già controllavano al Senato sono comunque un ottimo risultato. Il GOP li conquista in Stati che Trump aveva vinto con un ampio margine nel 2016; è la conferma che il messaggio del presidente, se comincia a vacillare presso l’elettorato indipendente, si mantiene comunque forte nelle zone tradizionalmente più conservatrici. Un discorso a parte merita il Texas. Alla fine, il democratico Beto O’Rourke non ce l’ha fatta contro Ted Cruz, che conquista il suo terzo mandato da senatore. Ma O’Rourke è andato vicinissimo alla vittoria e soprattutto ha costruito una rete di entusiasmo, impegno e progettualità politica che ha premiato altri democratici, candidati alla Camera, oltre a preparare il terreno per le presidenziali del 2020. Il Texas, insieme alla Florida, è forse lo Stato che rivela in modo più evidente gli effetti delle trasformazioni demografiche, economiche e sociali degli ultimi anni. Gruppi di borghesia urbana si sono trasferiti dal Nord e dall’Ovest verso il Sud, attratti dall’offerta di occupazione e dal costo più contenuto della vita. In questi Stati è sempre più forte la presenza di immigrati, soprattutto dall’America latina. Si tratta di processi che mutano le abitudini di voto e tendono a favorire, nei prossimi anni, i democratici.

Resta da valutare l’effetto di questi risultati sulla presidenza di Donald Trump. Il presidente, con ogni probabilità, nelle prossime ore cercherà di addebitare alla debolezza dei candidati locali la sconfitta alla Camera, e si attribuirà le vittorie del Senato. Il suo primo tweet, dopo l’arrivo dei primi risultati, parla proprio di “un incredibile successo”. È probabile che una gestione meno radicale, urlata, protesa a suscitare rabbia e paure, avrebbe conservato ai repubblicani una parte del voto degli indipendenti. Una Camera a maggioranza democratica promette comunque di essere un problema molto serio per Trump. Non è solo l’azione legislativa, che i democratici intendono bloccare. Con il controllo delle Commissioni della Camera, con lo strumento del subpoena, delle citazioni, i democratici promettono di far partire una serie di inchieste molto imbarazzanti per Trump. Si va dalle indagini sul Russiagate a quelle sulle dichiarazioni delle tasse (che il presidente non ha mai rivelato), fino alla possibile partenza di un processo di impeachment. Queste elezioni di midterm rappresentano allora una prima battuta d’arresto, importante, al programma e all’ideologia con cui Trump ha fatto irruzione nella vita politica americana. La promessa è quella di un presidente più debole, e uno scenario politico ancora più esplosivo, in vista delle presidenziali 2020.

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