Biagio Agnes amava ripetere: “Quando parla il Papa i cardinali tacciono”. La scelta di Francesco di non rispondere, almeno per il momento, alle gravi accuse dell’ex nunzio apostolico negli Usa, monsignor Carlo Maria Viganò, ha così dato adito a tanti “cardinali”, laici e chierici, di esternare liberamente senza alcun freno. E come sempre accade c’è chi vuol sembrare più papista del Papa. Come ha opportunamente evidenziato lo storico Alberto Melloni, “che un vecchio prelato, furibondo per non avere fatto carriera, covi risentimento verso il Papa è l’abc del cattolicesimo romano. Che usi i giornali per vendicarsi è un déjà vu, dai tempi in cui il cardinale Ottaviani affidò a Indro Montanelli carte per denigrare Papa Giovanni”.

Nulla di nuovo sotto il sole nonostante in tanti si siano pubblicamente affrettati a stracciarsi le vesti davanti alle accuse di monsignor Viganò. In queste due settimane dalla denuncia del diplomatico vaticano che ha chiesto le dimissioni di Bergoglio si è assistito a uno spettacolo a dir poco indecente. Soprattutto nel mondo dei media dove c’è stato perfino chi, con la speranza di guadagnare qualche poltrona in Vaticano, è salito in cattedra credendosi un Salomone come se il suo carrierismo non fosse ampiamente noto al Papa e ai suoi più stretti collaboratori.

Gare di solidarietà per il Pontefice si sono scatenate tra i vescovi di mezzo mondo come se per pregare per Francesco, come egli chiede fin dall’attimo dopo la sua elezione, ci fosse bisogno di un attacco così violento nei suoi confronti. L’arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, ha sottolineato il bene che l’arcidiocesi ambrosiana vuole a Bergoglio precisando, però, che “noi possiamo anche discutere, ma ogni discussione deve concludersi così: ‘Noi vogliamo bene a Papa Francesco’”. Un modo, forse neanche troppo velato, per sottolineare comunque alcune distanze anche perché Delpini, in questo primo anno da arcivescovo di Milano, non è sembrato far propria l’agenda pastorale di Francesco.

Ciò che resta a distanza di due settimane dal violento, e per certi aspetti volgare, attacco di monsignor Viganò, è una situazione difficile per il proseguimento del pontificato di Bergoglio. Continua quel tratto di sabbie mobili iniziato con il compimento del quinto anno sulla cattedra di Pietro e l’infausta fake news che è costata la testa del primo prefetto della Segreteria per la comunicazione, monsignor Dario Edoardo Viganò. Una fake news che aveva come scopo quello di lodare Francesco accreditandolo come un teologo alla stregua di Benedetto XVI, cosa che Bergoglio non è e non sarà mai. E che alla fine si è tramutata in una caricatura colossale ai danni di entrambi i Papi.

Già qualche mese prima, nel gennaio 2018, l’anno solare si era aperto malissimo con il disastroso viaggio in Cile che ha portato come drammatica conseguenza le dimissioni in massa di tutti i vescovi del Paese incapaci di gestire lo scandalo della pedofilia del clero. Una piaga abominevole che in questo ultimo tempo si è andata notevolmente aggravando, soprattutto negli Stati Uniti, e alla quale il Papa, come sempre, sta rispondendo con tempestività e rigore imparando, come lui stesso ha dichiarato, dalle vittime.

Eppure queste sabbie mobili del pontificato lo tengono ancora arenato alla vigilia del Sinodo dei vescovi sui giovani e di una svolta del suo governo della Chiesa verso una stagione nuova e lungamente attesa. Al di là dei tanti Viganò che pur non mettendoci la faccia vorrebbero anche loro le dimissioni di Francesco, il Papa ha sempre mantenuto quella serenità tale da consentirgli di non distogliere l’attenzione dalla sua corposa riforma della Chiesa.

Non a caso Bergoglio, insieme con i suoi collaboratori del Consiglio di cardinali, sta ultimando la redazione della nuova Costituzione apostolica sulla Curia romanaPraedicate Evangelium, che presto vedrà la luce. “Di unione ha bisogno la Chiesa, non di solisti fuori dal coro o di condottieri di battaglie personali”, ha ribadito recentemente Francesco ai vescovi dei territori di missione. Un’unione che non può, per chi si dice cattolico, essere costruita a prescindere dal Papa. Una Chiesa di Roma acefala o addirittura autocefala, come nel mondo ortodosso, non esiste e non esisterà mai. Con buon pace dei sedevacantisti che vorrebbero presto un nuovo Pontefice.

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