I dati delle emissioni auto gonfiati di proposito “non sono un problema nell’industria nel suo complesso” e rappresentano una pratica controproducente per le stesse aziende: “Un produttore che volesse dichiarare valori diCo2 superiori potrebbe perdere significativamente in competitività e quote di mercato, cosa che non è interesse di nessuno”. Dopo l’allarme su nuovi test truccati lanciato dalla Commissione europea a Europarlamento e Consiglio Ue, reso noto nei giorni scorso dalla ong Transport&Environment, le case automobilistiche passano al contrattacco. Tramite l’associazione Acea, che rappresenta i 15 principali marchi di autovetture, l’industria rispedisce al mittente le accuse rivendica il suo contributo “per supportare la Commissione europea nello sviluppo del nuovo test di laboratorio Wltp”.

Sotto attacco il test post-Dieselgate

Proprio il Wltp, infatti, è stato messo a punto per superare le criticità del vecchio sistema di omologazione Nedc, che ha fatto da sfondo tre anni fa al Dieselgate. Ora, dopo lo scandalo sulle emissioni truccate dei motori diesel che ha travolto Volkswagen e toccato anche altri marchi automobilistici, l’allarme di Bruxelles ha sollevato sospetti anche questo nuovo sistema. Portando i commissari europei al Mercato interno Elżbieta Bieńkowska e al Clima ed energia Miguel Arias Cañete, così come gli ambientalisti, a temere per la reale efficacia delle politiche di riduzione delle emissioni auto. Falsificando sia le emissioni in fase di misurazione nei test, sia quelle dichiarate, i produttori potrebbero infatti arrivare, secondo T&E, a depotenziare in maniera significativa gli obiettivi comunitari di taglio dell’inquinamento prodotto dai mezzi a motore: i target al 2025 potrebbero risultare indeboliti del 57%, quelli al 2030 del 23%. Una pratica ben lontana dall’onestà e trasparenza promessa dai grandi marchi dopo gli scandali degli anni passati e che fa sospettare gli ambientalisti di una collusione diffusa.

Bruxelles: “Dati truccati”, ma Acea: “Contro le manipolazioni”

Acea si dice “completamente d’accordo che i valori di Co2 non dovrebbero essere artificialmente aumentati di proposito in qualunque modo che potrebbe indebolire i target di Co2 post 2020”. La replica arriva dopo che la rete europea di associazioni Transport&Environment ha pubblicato la lettera inviata il 18 luglio dalla Commissione Ue a Parlamento europeo e Consiglio per allertarli e invitarli a mettere in atto una controffensiva di fronte ai presunti tentativi dei produttori di veicoli di depotenziare il nuovo sistema di omologazione Wltp. Manovre osservate dagli scienziati del centro di ricerca europeo Jrc, preoccupanti perché potrebbero ridurre la portata delle politiche europee di abbattimento delle emissioni. Il precedente test Nedc veniva svolto in condizioni troppo lontane da quelle di guida reale e prevedeva per le case automobilistiche spazi di manipolazione tali da non restituire dati rispondenti al vero. Da qui il cambio di test, passando al Wltp in vigore da settembre 2017 e l’introduzione di nuovi obiettivi di riduzione proposti dalla Commissione e adesso al vaglio di Parlamento e Consiglio Ue. In base alle evidenze ad oggi disponibili, però, non è cambiato l’approccio dei produttori di veicoli, ma solo la direzione dell’alterazione dei dati: in passato lo scopo era ottenere valori più bassi della realtà, adesso più alti. L’obiettivo, infatti, è sarebbe gonfiare i valori delle emissioni al 2020, per depotenziare gli obiettivi di riduzione della CO2 imposti dall’Europa: meno 15% per il 2025 e meno 30% al 2030. La logica è elementare: un valore di partenza maggiore fa sì che si debbano abbattere di meno le emissioni. “Ci sono evidenze di produttori che configurano i propri mezzi per il test in modo che le emissioni Wltp siano gonfiate, mentre una configurazione diversa è usata per gli Nedc per raggiungere emissioni di CO2 più basse possibile”, scrive la Commissione nella relazione allegata alla lettera.

T&E: “A tre anni dal Dieselgate, niente è cambiato”

Secondo T&E, nei vecchi test Nedc attraverso una serie di accorgimenti le case automobilistiche riuscivano a ottenere valori di emissioni inferiori rispetto a quelli reali. Adesso che l’obiettivo è invece ottenere nelle prove risultati più alti, si usano tecniche opposte che secondo la relazione del Jrc fanno aumentare i consumi di carburante del 5%. Oltre alla misurazione delle emissioni, il test Wltp prevede anche una dichiarazione della Co2 emessa: anche su questo fronte, però, i ricercatori hanno individuato manipolazioni, con i valori dichiarati maggiori in media del 4% rispetto a quelli misurati, e punte del 13%. Se infatti, considerando le falle dello Nedc, il nuovo test prevede meccanismi per evitare valori dichiarati più bassi di quelli misurati, non si era previsto che le criticità sarebbero state esattamente opposte. “Appena tre anni dopo il Dieselgate, sembra che niente sia cambiato. Le case automobilistiche europee continuano a concentrarsi su come barare sui risultati dei test piuttosto che impegnarsi a produrre motori più efficienti. In questo modo, rimandano ulteriormente il passaggio alla mobilità elettrica con conseguenze negative per l’ambiente, la società e l’economia. I governi nazionali e il Parlamento europeo devono rispondere a questo abuso con target di riduzione della Co2 più ambiziosi”, dice a ilfattoquotidiano.it la rappresentante di T&E in Italia Veronica Aneris.

Allarme collusione

“Considerando che solo alcuni produttori potrebbero gonfiare il dato di partenza, questo potrebbe anche portare una distorsione delle condizioni tra le aziende”, scrivono i commissari al Mercato interno Elżbieta Bieńkowska e al Clima ed energia Miguel Arias Cañete nella missiva. Tesi sostenuta anche da Acea nella sua risposta, spiegando che il problema non riguarda l’industria nel suo complesso: “Accrescere le emissioni di Co2 di proposito per gonfiare i dati di partenza Wltp non sarebbe solo controproducente nell’attuale discussione sulla Co2 ma potrebbe anche ostacolare la competitività del produttore”. Secondo il direttore esecutivo di T&E William Todts, invece, proprio il fatto che livelli di emissioni più alti porteranno probabilmente a maggiori tasse imposte sui veicoli e dunque a situazioni di svantaggio sul mercato fa pensare a un alto livello di collusione tra i produttori. “L’unico modo in cui questo trucco può funzionare è che tutti i produttori lavorino insieme”, dice Todts. Nella lettera i due commissari indicano alla presidenza di turno del Consiglio Ue e alla commissione Ambiente del Parlamento europeo, che stanno discutendo la proposta di regolamento della Commissione sui target di riduzione della Co2 per le auto, alcune soluzioni: chiarire che il dato di partenza su cui si calcolano i target è quello delle emissioni misurate e non di quelle dichiarate e prevedere una raccolta sistematica dei dati dei test Wltp. Soluzioni con cui si dice d’accordo anche Acea, mentre per T&E bisogna accertare se c’è stata collusione e infliggere delle sanzioni: “La Commissione propone solo di eliminare le scappatoie, non di punire i produttori. Questo è coerente con il modo con cui l’Europa ha gestito il Dieselgate, dove l’impegno è stato soprattutto dedicato a risolvere il caos dell’industria, e non a penalizzare i produttori per i loro misfatti. Forse è per questo che non c’è stato un cambiamento nella cultura”, dice Todts a ilfattoquitidiano.it.

Articolo Precedente

Palermo, due passi in città. Tra cisterne in eternit e spazzatura anche la bellezza fatica a respirare

next
Articolo Successivo

Abusi edilizi, la Corte costituzionale boccia la legge campana. Le Regioni si sentono al di sopra delle regole

next