“Ho sentito il Pd difendere il decreto intercettazioni. Invece io penso il contrario: nessun bavaglio alle indagini”. A dirlo è il senatore Tommaso Cerno, Pd, dopo che ieri i democratici avevano difeso in blocco il decreto intercettazioni del governo Gentiloni. “Ritengo – dice l’ex direttore dell’Espresso e di Repubblica – che sia necessario non porre bavagli alle indagini. È doveroso garantire agli inquirenti gli strumenti tecnici e normativi per operare in difesa dei cittadini e della legalità. Questo deve essere il nostro obiettivo, non convenire su un decreto malaticcio. Anche perché esistono già regole deontologiche e di codice sufficienti a definire, nel diritto-dovere di cronaca, ciò che non andrebbe utilizzato. Non servono leggi, lacci e lacciuoli. Da giornalista aggiungo solo che il diritto-dovere di informare al meglio può, volta per volta, dirci cosa interessi all’opinione pubblica e cosa no. Non certo l’ennesimo cavillo di legge”.

Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, in un’intervista a Repubblica, è tornato sullo stop alla riforma delle intercettazioni. È sicuro – gli viene chiesto – che pure quello di Orlando fosse un “bavaglio”? “Non ci sono dubbi – risponde – La riforma avrebbe portato al voluto concentramento delle informazioni in poche mani con lesione del diritto di difesa, della privacy, nonché con grande danno all’efficacia delle indagini. In più c’era il rischio evidente di mettere il bavaglio anche ai giornalisti. Il vero scopo era impedire ai cittadini di ascoltare le parole scomode che i politici pronunciano al telefono quando sono indagati o parlano con persone indagate”. La coincidenza con il caso Consip, aggiunge, “non è una mia opinione, ma una constatazione vera e propria. Basta mettere in fila i fatti di cronaca da una parte e i lavori parlamentari dall’altra. E poi unire i punti”.

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