Il Tribunale di Sorveglianza di Milano ha accolto la richiesta della Procura di applicare la misura di sicurezza detentiva della “casa di lavoro”, assimilabile al carcere, per Rocco Papalia, boss di Buccinasco (Milano), e considerato uno dei più importanti capi della ‘ndrangheta al nord e scarcerato un anno fa, dopo 26 anni di detenzione. I giudici lo hanno pure dichiarato “delinquente abituale”. Papalia era in libertà vigilata. Nell’udienza a porte chiuse davanti al giudice, il 5 luglio scorso, Papalia aveva protestato contro la richiesta della Procura: “La ‘casa di lavoro’ è un carcere, io dico che la Procura mi vuole morto, anzi la Procura di Milano mi vuole morto”. Parole per cui il pm Adriana Blasco ha chiesto la trasmissione del verbale delle dichiarazioni rese al procuratore Francesco Greco per eventuali valutazioni.

Secondo la Procura, che ha chiesto l’applicazione della misura di sicurezza detentiva della “casa di lavoro”, per il boss non basta il regime della libertà vigilata. Il pm, oltre a chiedere la trasmissione in Procura della parte finale delle dichiarazioni rese dal presunto boss (in particolare per l’espressione usata “la Procura di Milano mi vuole morto”), aveva anche integrato con un file audio il ‘capitolo’ delle frasi rivolte da Papalia lo scorso marzo ai cronisti del Fattoquotidiano.it, quando disse “la ‘ndrangheta siete voi”. E aveva chiesto al giudice anche un supplemento di istruttoria su alcune discrepanze emerse nelle dichiarazioni rispetto a verbali già resi da Papalia su due sequestri di persona per cui è stato condannato. In più, sempre il pm, aveva chiesto la trasmissione di altri atti in Procura in relazione a due violazioni della libertà vigilata contestate al presunto boss.

“Ho avuto una reazione sproporzionata, ma avevo accumulato una tensione prolungata per l’attenzione della stampa nei miei confronti, che va avanti da quando sono uscito dal carcere” aveva detto poi Papalia per giustificare la frase. Difeso dai legali Ambra Giovene e Annarita Franchi, Papalia aveva spiegato nell’udienza a porte chiuse che lo scorso 25 aprile non si presentò alle forze dell’ordine per firmare, come al solito, “perché pensavo fosse domenica quel giorno e la domenica non devo firmare”. Quando, invece, venne trovato alla guida con la patente revocata, “ho fatto solo due chilometri – ha raccontato – per andare in farmacia perché stavo male ed ero solo in casa”. Sulle frasi rivolte ai cronisti, poi, i difensori avevano fatto notare che nel fascicolo non sono contestate minacce e il pm allo stesso tempoa aveva chiesto di integrare gli atti anche con un file audio, oltre ai video.

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