Da Mosca a Kaliningrad, il torneo russo visto dall’Italia che resta a casa. Tante storie nella storia: paradossi, tele-visioni, stranezze e cinismi assortiti. Perché chi non c’è ha sempre torto, ma può divertirsi lo stesso senza prendersi troppo sul serio.

Un tavolinetto in plexiglass trasparente. Due calici d’acqua appoggiati sopra. Una civetta (sul comò) in mezzo. Dell’erba sintetica sul pavimento. Un po’ di cartonato sullo sfondo con scritte sui Mondiali di Russia 2018. Victor Hugo, storica voce uruguayana del calcio in tv, e Diego Armando Maradona in tutto il loro splendore dibattono su TeleSur delle sfighe argentine, dei miracoli dell’Albiceleste, della cometa colombiana. Proprio a due passi dal letto di Diego. A nemmeno un metro dal comodino con sopra i due orologi e il mezzo sigaro. Va ora in onda De la mano del Diez. Un piccolo capolavoro di tv fatto in casa, pardon in una stanza d’albergo, da Mosca. Diego il pasionario che mostra il suo tifo per l’Argentina, anche mentre dorme, ha la faccia contrita e l’eloquio tra lo smorto e l’incazzato.

Hugo, che nulla a che fare con la creazione di Jean Valjean e Gavroche, evoca invece altre figure da miserabili che sul campo da calcio la compagine argentina ha mostrato al mondo a Russia 2018. La regia non deve sforzarsi granché. Campo. Controcampo. Totale dello studiolo. Mezzo busto Diego. Mezzo busto Hugo. Totale dello studiolo. La sigla del programma, però, è una roba da urlo. La cantante argentina Charo Bogarin, la messicana Lila Downs, la colombiana Maria Mulata scavano dentro l’ardore e l’irrequietezza sudamericana con il brano dal ritmo concitato De la mano del Diez. “Tutto il mondo in una sola voce”. Le immagini della festa sudamericana scorrono come torrenti in piena. Manine guaranì cuciono con orgoglio palloni da calcio con “la mano del Diez” in rilievo.

Spalti gremiti di tifo totale sotto una pioggia battente. Ragazzini che palleggiano felici ai bordi della strada. Una specie di Creazione di Adamo ridipinto con Maradona e la sua manona felice al posto di quella di Dio. Non esiste apoteosi più grande della miscela peronista/calciofilo/popolare del caudillo Diego che sentenzia su tutto e tutti. Nemmeno fosse Arrigo Sacchi. De la mano del Diez è un Alò Presidente senza gli applausi finti che accompagnavano Hugo Chavez. Tv verità. Trentacinque minuti appassionati di melodramma attorno al dischetto degli undici metri. Maradona elogia Tabarez. Maradona spernacchia Sampaoli. Quando qualche giorno fa su Twitter era corsa voce che el Pibe fosse morto, in Sudamerica si erano autogenerate diverse scosse telluriche. Maradona monade del calcio. Uno e trino. Padre, figlio e spirito santo. Con quell’allure da Scarface della pampa, su quel trespolo di tribuna a imprecare e darsi pugni sul petto e sul cuore, già ci manca molto. E non capiamo perché non farlo allenatore dell’Argentina. A vita. In eterno. Tanto peggio di così. Sarebbe uno spettacolo immenso. Da ventiquattro angolazioni diverse.

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