Almeno 157 persone hanno perso la vita a causa del maltempo negli ultimi otto anni, e quasi 24mila sono rimaste vittima di ondate di calore tra il 2005 e il 2016, solo in 23 città italiane. Il cambiamento climatico uccide. Se è vero che di queste morti è difficile dire quante siano direttamente legate agli sconvolgimenti del clima e quante sarebbero avvenute anche in condizioni differenti, gli scienziati sono tutti d’accordo sul fatto che il riscaldamento globale sta causando nubifragi, episodi di siccità e ondate di calore più estremi, lunghi e intensi rispetto al passato. Aumentando di conseguenza i rischi per le persone e il territorio.

I dati sono contenuti nel rapporto Sos acqua: nubifragi, siccità, ondate di calore. Le città alla sfida del clima, realizzato da Legambiente in collaborazione con Unipol. Ai numeri sui decessi si aggiungono quelli degli sfollati climatici. Secondo la Banca Mondiale, le persone costrette a lasciare la propria terra a causa di eventi meteo estremi e condizioni ambientali avverse potrebbero superare i 140 milioni nel 2050. In Italia, stima il Cnr, dal 2010 ad oggi 45mila persone sono state evacuate a causa di eventi meteo estremi o a questi legati. Sola l’ultima alluvione in Emilia ha generato 4mila sfollati climatici. L’Italia si è dotata di una Strategia di adattamento ai cambiamenti climatici e al ministero dell’Ambiente si sta redigendo il relativo piano d’azione, ma adesso, è l’appello dell’associazione, questi documenti devono diventare realtà, con fondi e azioni concrete.

Se la pioggia ferma le città – Ai danni alle persone si sommano quelli alle cose, con le città al primo posto tra le aree più vulnerabili. Nella mappa del rischio climatico disegnata da Legambiente, sono riportati 340 fenomeni meteorologici che hanno causato danni sul territorio italiano tra il 2010 e oggi, tra cui 109 episodi di danni alle infrastrutture per piogge intense e 64 giorni di stop a metropolitane e treni urbani nelle maggiori città della penisola. La più colpita è stata la capitale con 23 giorni di disagi, seguita da Milano con 15 giorni, Genova (11) e Napoli (9). A Roma ancora si ricorda il fortissimo nubifragio dell’ottobre 2010, che ha obbligato la città a chiudere entrambe le linee della metropolitana. Poche settimane prima a Milano, a causa dell’esondazione del Seveso, la metro è stata fermata, con costi stimati per circa 300 milioni di euro dovuti anche a un treno danneggiato. Tra il 2010 e il 2014, le esondazioni del Seveso, causate da eventi meteo particolarmente intensi, hanno portato allo stop dei trasporti almeno quattro volte.

Cittadini al buio – Un altro degli effetti di maggiore impatto, almeno nell’immediato, sono gli episodi di blackout causati da eventi estremi. “Tra il 2010 e gli inizi del 2018, sono 64 i giorni di blackout elettrici dovuti al maltempo, avvenuti da Nord a Sud del Paese e con una sequenza costante (9 nel 2017, 9 nel 2016, 6 nel 2015, 7 nel 2014, 7 nel 2013, 10 nel 2012, 6 nel 2011 e 8 nel 2010)”, calcola Legambiente. Gennaio 2017 rimarrà il mese del record per il blackout più lungo della storia d’Italia, con più di 150mila case in Abruzzo rimaste per una settimana senza luce e riscaldamento a causa delle fortissime nevicate. A maggio dello scorso anno, invece, un gusto alla centralina della stazione Termini di Roma, a seguito di forti temporali, ha bloccato per due ore la circolazione dei treni in uno degli snodi ferroviari più importanti del Paese.

Città vulnerabili – Le città continuano ad attrarre nuovi abitanti (si calcola che nel 2030 ci vivrà il 70% della popolazione mondiale), ma rappresentano anche le aree più vulnerabili e a rischio a causa dei cambiamenti climatici. “Da Genova a Roma, da Catania al Piemonte, sempre più costantemente si assiste alla violenza del meteo ripetersi negli stessi luoghi, spesso negli stessi periodi dell’anno”, si legge nel report dell’associazione, che mette sotto accusa scelte urbanistiche sbagliate e abusivismo edilizio, insieme alla mancata manutenzione del territorio e all’eccessiva cementificazione. Nel caso di Genova, per esempio, ci sono le costruzioni arrivate fin sul greto dei torrenti, insieme all’abbandono delle coltivazioni terrazzate nelle aree collinari alle spalle della città, oggi esposte a una costante erosione. A Milano, invece, mentre si discute di una possibile riapertura di alcuni navigli tombati, la città continua a soffrire i postumi di un processo di espansione urbanistica rapido e incontrollato, “che ha modificato in maniera importante l’assetto del sistema idrografico: tra canali, fiumi, torrenti e rogge c’è un vero e proprio groviglio idrico che è impossibile descrivere senza intrecciare, alla natura dei luoghi e delle acque, gli interventi umani”.

Siccità record – Mentre le temperature estive iniziano a salire, già si teme per la siccità. Per quest’anno le previsioni prospettano una stagione tendenzialmente meno secca dell’anno scorso: giugno 2017 è stato tra i più caldi dell’ultimo secolo e mezzo e nei bacini idrografici italiani più importanti, compresi Po e Tevere, le portate medie annue sono crollate del 40% rispetto alla media del periodo 1981-2010. In Lazio, il Lago di Bracciano ha registrato un abbassamento di 1,60 metri, e nella capitale le precipitazioni sono state inferiori alla media di oltre l’80%. Tra il 2010 e oggi, Legambiente ha contato 14 casi di danni provocati da periodi di siccità prolungati. “Le mancate precipitazioni di fine 2016 e inizi 2017 hanno compromesso, soprattutto nel Nord della penisola, la situazione del razionamento d’acqua nei sistemi abitativi ed in agricoltura, con una stima di almeno 100 milioni di euro di danni in campo agricolo, secondo la Coldiretti“. Condizioni simili, sottolinea Legambiente, “si sono praticamente ripetute in maniera identica per tutta l’estate 2017 e gran parte dell’inverno 2017-2018”: per tirare un sospiro di sollievo, quindi, bisognerà aspettare la fine dell’estate.

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