Ma di tempo non ce n’è molto: “Nel 2019 alla guida della Bce andrà probabilmente qualcuno con un punto di vista più vicino a quello di Berlino. Al più tardi tra due anni, quindi, la facilità di finanziamento attuale non ci sarà più”. E gli interessi sul debito torneranno a salire. In questo quadro, “ora che siamo in un periodo di crescita basterebbe congelare la spesa al 2017 e nel 2020 raggiungeremmo il pareggio”. Ma la manovra per il 2018 va in direzione diversa: non riduce le uscite e rinvia ancora il pareggio strutturale, spostando in avanti di un anno gli aumenti automatici di Iva e accise previsti dalle clausole di salvaguardia. Secondo Bruxelles, peraltro, anche nel 2019 Roma non solo non sarà in pareggio ma se ne allontanerà, registrando un indebitamento del 2% del pil e un saldo strutturale di -2,4%. Non basta: per il 2017, come evidenziato dall’Ufficio parlamentare di bilancio, i dati ufficiali evidenziano “una crescita della spesa complessiva più elevata del previsto” a causa, stando a una prima valutazione, di “maggiori deferred tax assets trasformate in crediti di imposta rimborsabili“. Leggi gli sconti fiscali concessi alle banche che hanno chiuso in pesante perdita gli ultimi esercizi. “Speriamo che dopo le politiche non si voti per un po’. E che il prossimo governo faccia una manovra correttiva dando finalmente priorità al risanamento dei conti”. Come ha ricordato il vicepresidente della Commissione Jirki Katainen, in ballo c’è anche il futuro del nostro welfare.

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