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L'ipoteca delle urne sul risanamento  - 5/6

L'ANALISI DEI NUMERI - Durante i governi Renzi e Gentiloni il debito è aumentato di oltre 176 miliardi, la spesa corrente è lievitata di 25 miliardi e gli investimenti pubblici sono scesi al minimo storico. L'unico dato positivo è il calo degli interessi sul debito, merito di Draghi. Carlo Cottarelli, ex commissario alla spending review e oggi direttore di un osservatorio sulla finanza pubblica: "Si è scelto di ridurre un po' le tasse senza tagliare le uscite"
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L’ipoteca delle urne sul risanamento 

“Se non ci fossero le elezioni forse le cose sarebbero state più facili”, commenta Cottarelli parlando della legge di Bilancio contestata da Bruxelles. Ma, appunto, a marzo 2018 ci sono le politiche. E nel maggio 2014 c’erano le Europee, seguite nel 2015 e 2016 dalle amministrative con in ballo i Comuni di Milano, Roma e Torino e dal referendum costituzionale dello scorso dicembre. Com’è andata si sa. Il risultato è stato che per evitare decisioni impopolari o politicamente difficili gli ultimi esecutivi hanno rinviato la messa in sicurezza della finanza pubblica. Proprio nella fase in cui gli interventi espansivi dell’Eurotower avrebbero consentito di arrivare al pareggio di bilancio – l’equilibrio tra entrate e uscite – senza eccedere con l’austerità, grazie agli spazi di manovra offerti dal calo degli interessi sul debito. Secondo Cottarelli, comunque, non tutto è perduto. L’Italia può ancora attrezzarsi contro future turbolenze sui mercati a danno dei Paesi giudicati “deboli” dagli investitori. Come chiesto dallo stesso Draghi: “Questo non è solo il tempo di fare le riforme strutturali, è anche il tempo per migliorare la situazione dei bilanci, senza aspettare che venga dalla crescita o dai tassi bassi. I Paesi devono riguadagnare spazio di policy nel caso ci sia una nuova crisi”, ha detto il presidente della Bce parlando al Parlamento Ue il 20 novembre.

 

 

 

 

 

 

 

 

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