Basta con le bottiglie di vetro nei grandi eventi, nei sabba del calcio, nell’animazione ubriaca della movida. Gli incidenti di piazza San Carlo a Torino siano la Cernobil, la Fukushima del predominio della birra in vetro negli eventi affollati. Questa dovrebbe essere una prima acquisizione universale, condivisa e attuabile dopo i 1.500 e passa feriti della serata juventina.
A scanso di equivoci, non sto dicendo che il vetro sia stato la causa dell’ondata di panico, né la causa dei ferimenti più gravi. Si discute e discuterà a lungo sulla gestione della serata, sulle piazze , le transenne, le eventualità  responsabilità di comune, questura e prefettura.

Si possono avere opinioni diverse sulla possibilità di evitare completamente che si verifichino incidenti del genere. Ci si può perdere in discussioni infinite sull’alcol. Ma un dato è inconfutabile. C’erano per terra migliaia di bottiglie, quasi tutte di birra, che non avrebbero dovuto essere lì e che – perché rotte o calpestate – hanno provocato la maggior parte delle ferite.  E allora, mentre si continua a indagare e discutere sugli altri aspetti, concentriamoci intanto sulla necessaria lotta al pericolo e allo spreco costituito da tutte queste bottiglie di vetro usa e getta.
Ci sono vari livelli della questione, ma tutti convergono nella stessa direzione. Il tema della sicurezza si intreccia con quello della gestione dei rifiuti, degli imballaggi, dei consumi.

Con dei  paradossi evidenti: per esempio per motivi di sicurezza in casi come il raduno dei tifosi vengono chiusi i cestini per i rifiuti, provocando ulteriori “abbandoni” di bottiglie a terra.
Sarebbe possibile, al contrario, organizzare un efficace e puntiforme sistema di raccolta differenziata delle bottiglie?  Nella baraonda della folla? Ci sono esperienze di “ecofeste”, ma niente si è ancora provato in raduni paragonabili a quelli delle finali calcistiche.  Un altro tema caro a noi ambientalisti è quello del vuoto a rendere: le bottiglie non dovrebbero andare nei rifiuti per essere  poi riciclate, ma ritornare vuote e intatte ai produttori per essere riutilizzate. È una realtà in Germania, se ne parla anche in Italia.

Il sistema potrebbe cambiare anche le  modalità di consumo più spicciole. Persino l’ambulante abusivo ti verserebbe la birra nel bicchiere invece di darti la bottiglia? Forse. Ma intanto, il vuoto a rendere è di là da venire. E la presenza delle bottiglie di vetro nei luoghi aperti e affollati va contrastata subito, con le ordinanze che sia i questori che i prefetti e i sindaci possono adottare. Mi sono informato, a scanso di equivoci: in orari e luoghi precisi vanno vietate sia la vendita che la somministrazione di bevande attraverso bottiglie di vetro, e va vietato anche il consumo attraverso bottiglie di vetro. Non so quanto sia il caso di estendere il divieto anche alle lattine. Ma non è realistico estenderlo alle bottiglie di plastica.  Anche nel caso della plastica sarebbe, sì, meglio sostituire i sistemi usa e getta con vuoto a rendere. Ma ammettiamolo (anche noi ambientalisti): il pet è infinitamente più leggero e più sicuro del  vetro, è altrettanto riciclabile. Per le bottiglie è l’alternativa realistica.

Si spera e si vuole che i diversi materiali post-consumo vengano raccolti separatamente per avviarli a riciclo. Ma se le bottiglie restano a terra finiscono con i rifiuti indifferenziati in discarica o nell’inceneritore e paghiamo per smaltirle: quelle di plastica pesano un decimo di quelle di vetro. Se la bottiglia è inevitabile, che almeno sia di plastica. Anche per la birra? Certo. Ma davvero crediamo che ci siano motivi igienici organolettici o di gusto  per cui è meglio bere la birra dalle bottiglie di vetro? È probabile che l’associazione birra-vetro sia  solo un’abitudine culturale, che può cambiare. Come è cambiata per l’acqua minerale. Come è il caso che cambi dopo gli incidenti di Torino, il capolinea disastroso delle bottiglie di vetro.

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