Da molto tempo, in Basilicata, (e, di riflesso, anche in Puglia) si agita la discussione sull’analisi delle acque contenute nel Pertusillo, un invaso da cui si attinge per approvvigionare una parte della Puglia di acque potabili e irrigue. Da un lato, le associazioni di cittadini sollevano dubbi sul livello di inquinamento ambientale dovuto alla complessità delle azioni antropiche sul territorio circostante l’invaso – perforazioni petrolifere, reiniezione acque di scarto, attività produttive – dall’altro le istituzioni che rassicurano in modo categorico circa la potabilità dell’acqua che giunge nei nostri rubinetti. Degli effetti delle attività petrolifere parlano i docenti Albina Colella e Massimo Civita nel volume scientifico-divulgativo: L’impatto ambientale del petrolio. In mare e in terra (Galaad Edizioni).

Tutto è cominciato con l’associazione Ehpa di cui era presidente la prof Colella, alla quale aderiva il tenente Giuseppe Di Bello, anch’egli molto attivo sul fronte delle proteste per l’inquinamento in Basilicata. Poche settimane fa, su ilfattoquotidiano.it, furono pubblicate delle immagini che suscitarono un comprensibile clamore sulla rete. Le acque del Pertusillo, riprese da un privato con un drone, manifestavano chiari segni di alterazione cromatica. Giorni dopo, in una conferenza stampa ufficiale, le autorità competenti rassicuravano la cittadinanza sostenendo che si trattasse di semplici alghe. Riporto qui il comunicato stampa dell’Acquedotto Pugliese.

Il problema dell’acqua lucana non è solo circoscritto alle strette questioni ambientali e di potabilità, ma attiene alla necessità di formulare nuove forme di interazione tra cittadinanza e popolazione, all’accesso ai dati, al dialogo cittadini-istituzioni. In Basilicata, una parte della popolazione si è organizzata spontaneamente per dar luogo a un’associazione finalizzata ad analizzare – a proprie spese – le acque del Pertusillo e non solo, mirando a quantificare l’entità degli impatti delle attività estrattive sul territorio lucano. Ne ha parlato anche Alessandro Marescotti, presidente di Peacelink, nel suo blog, scrivendo che: “Cova Contro è un’associazione molto attiva e concreta che ha fatto cose innovative promuovendo analisi di laboratorio, controlli sul campo e battendo il difficile percorso della citizen science. In questo contesto è nato l’esperimento di controllo ambientale dal basso di AnalizeBasilicata”.

E’ un altro caso, questo, di Sud che si organizza e partecipa. Solo a ieri risale la pubblicazione di un articolo, a firma del giornalista Giorgio Santoriello, che riporta gli esiti di ulteriori analisi svolte presso altri laboratori di analisi, in base ai quali sarebbero state rilevate “abbondanti ed estese tracce di idrocarburi in due aree del Pertusillo distanti 3,6 km tra loro”.

E’ dunque legittimo aspirare a una chiarificazione, vista la divergenza delle informazioni che giungono al pubblico. Sarebbe altresì utile capire le ragioni profonde che hanno creato questo clima di sfiducia, che ha indotto dei comuni cittadini a pagare di tasca propria delle analisi che spettano a enti competenti pagati con le risorse della collettività. È legittimo auspicare che il mondo politico si impegni senza demagogia a fornire risposte chiare e trasparenti. Come l’acqua.

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