Fuori uno. Anzi una. Donald Trump non molla di un millimetro. E a quattro giorni dalla firma dell’ordine esecutivo con cui ha bloccato ingresso negli Stati Uniti di rifugiati e cittadini di 7 Paesi a maggioranza islamica “licenzia” Sally Yates, il ministro della Giustizia reggente. La sua colpa? Aver ordinato ai legali del dipartimento di Giustizia non difendere in tribunale il decreto sull’immigrazione del presidente.

“Finché sarò ministra della Giustizia, il dipartimento non difenderà l’ordine esecutivo”, aveva scritto Yates in una lettera inviata al dipartimento.  “La mia responsabilità – aveva continuato – è quella di assicurare che la posizione del dipartimento di Giustizia non sia solo legalmente difendibile, ma porti avanti la miglior visione della legge dopo aver esaminato tutti gli aspetti. Allo stato attuale, non sono convinta che la difesa del provvedimento sia in linea con queste responsabilità, né sono convinta che l’ordine esecutivo sia lecito“. Parole che per la Casa Bianca “tradiscono il dipartimento di Giustizia” perché si rifiutano “di attuare un ordine messo a punto per difendere i cittadini americani”. “È il momento di essere seri nel proteggere il nostro paese – si legge nel comunicato della White House – Chiedere controlli accurati per gli individui che arrivano da sette posti pericolosi non è estremo. È ragionevole e necessario per proteggere il Paese”.

“La signora Yates – continua la Casa Bianca – è stata designata dall’amministrazione Obama, debole in materia di frontiere e molto debole in materia di immigrazione illegale”. L’ormai ex ministra era stata nominata, infatti, da Barack Obama e sarebbe dovuta restare in carica fino alla conferma alla Giustizia di Jeff Sessions da parte del Senato. Così non sarà, visto che per sostituirla il neo presidente ha nominato come un nuovo ministro “reggente” Dana Boente, procuratore del distretto orientale della Virginia, che secondo il New York Times ha emanato già poco dopo la mezzanotte (ora di Washington) il suo primo ordine al dipartimento della Giustizia: “dobbiamo fare il nostro dovere giurato” e difendere l’ordine esecutivo del presidente su immigrazione e rifugiati, ha detto.

L’ordine di Trump, insomma, continua a creare polemiche non solo fuori dai confini americani – con l’Onu che l’ha definito “un atto malvagio e illegale” –  ma anche all’interno degli stessi. “I valori statunitensi sono in pericolo” ha detto ieri Obama, nella sua prima dichiarazione da presidente emerito.  Al tempo stesso, tuttavia, l’ex presidente si è detto “incoraggiato” dall’impegno sociale scattato nel Paese contro le restrizioni all’immigrazione: “I cittadini che esercitano il loro diritto costituzionale di riunione, organizzazione e che fanno in modo che le loro voci vengano ascoltate dai funzionari eletti – è stato il parere di Obama, riportato dal suo portavoce Kevin Lewis – sono esattamente quello che speriamo di vedere quando i valori statunitensi sono in pericolo”.

Per la verità, però, fino a questo momento le voci dei cittadini sembrano essere rimaste inascoltate dal presidente eletto Trump che già ieri aveva minacciato di allontanare i diplomatici critici con l’ordine esecutivo, emesso per chiudere le frontiere frontiera ai cittadini di Iraq, Iran, Libia, Somalia, Sudan, Siria e Yemen.  Un numero imprecisato di esponenti della diplomazia statunitense, infatti, ha sottoscritto un memorandum circolato internamente al Dipartimento di Stato, che ha confermato di essere al corrente del messaggio, veicolato attraverso il cosiddetto ‘canale del dissenso‘, un canale di comunicazione formale interna attraverso il quale diplomatici possono esprimere le proprie perplessità circa decisioni e politiche adottate. “Se non aderiscono al programma possono andare” ha detto il portavoce della Casa Bianca Sean Spicer interpellato dai giornalisti sul punto. “Se qualcuno ha problemi – aveva continuato – con l’agenda si pone la questione se debbano rimanere in quel ruolo o meno. Si tratta della sicurezza dell’America”.

Intanto il segretario alla Sicurezza interna, John Kelly, ha reso noto che l’amministrazione Trump ha rimosso ha rimosso il direttore ad interim dell’ufficio Immigrazione e frontiere, Daniel Ragsdale: a sostituirlo sarà Thomas Homan, che era il direttore esecutivo della sezione Operazioni di applicazione e rimozione, incaricata degli arresti e dell’allontanamento dei migranti senza documenti dal 2013.  Ragsdale resterà comunque vice direttore dell’agenzia mentre Kelly non ha fornito una motivazione per il cambio al vertice dell’ufficio affermando solo che Homan “continuerà a essere un leader forte ed efficace per gli uomini e le donne dell’Ice”. Lo Spoils System dell’era Trump è solo all’inizio e si preannuncia tutt’altro che morbido.

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