All’Aquila il motto è stato “rompere le palle”. Le stragi silenziose: Terra dei Fuochi e Eternit
Le promesse sul Paese da cambiare si sono sprecate per decenni tra Napoli e Caserta, dove la strage è più silenziosa, più lenta, non meno straziante. La Terra dei Fuochi è il posto dove vive Marzia Caccioppoli. Quando ilfatto.it la sente al telefono, è uscita da poco da un reparto di oncologia pediatrica. Un cancro, 4 anni fa, le ha portato via il figlio Antonio, 9 anni, e oggi lei vuole salvare altri bambini con il comitato Genitori di Tutti. “Purtroppo ho vissuto un silenzio assoluto da parte dello Stato – dice – Chiediamo più controlli sui territori, ogni notte ancora ci sono roghi di rifiuti. E chiediamo di proteggere i bambini con test di prevenzione e terapie per la disintossicazione”.

Rompere le palle” è il motto di Antonietta Centofanti, zia di Davide Centofanti, classe ‘89, rimasto con altri 7 ragazzi sotto la Casa dello Studente a L’Aquila, distrutta dal terremoto il 6 aprile 2009, della quale i ragazzi segnalavano da tempo le crepe. “Né lo Stato né i Comuni si sono costituiti parte civile. Ci siamo sentiti soli in questo processo indecente – ricorda Antonietta – Ma abbiamo fatto un gran casino. Io rompo sempre le palle sulla sicurezza. E’ cambiato qualcosa? Credo proprio di sì”. Nel 2016 la Cassazione ha confermato le condanne per i tecnici della ristrutturazione e un responsabile del collaudo. Rompere le palle, sempre con rispetto, ha funzionato anche in un’altra tragedia lunga e muta, quella dell’Eternit. “Abbiamo fatto una marea di fiaccolate e sit in – evidenzia Bruno Pesce – Ci siamo guadagnati, sempre con massima serietà e rigore, una certa considerazione dalle istituzioni che ci ignoravano. Solo così abbiamo ottenuto risultati. E finalmente lo Stato, nell’ultimo procedimento, si è costituito parte civile”.

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