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Il Moby Prince e le stragi di nessuno
La solitudine del superstite ha il suono del battito di mani di Loris Rispoli in un’aula vuota del tribunale di Livorno. Carabinieri, finanzieri e poliziotti lo circondano mentre nella notte tra il 31 ottobre e il primo novembre 1997 applaude il giudice che ha appena assolto tutti gli imputati per la sciagura del Moby Prince, il traghetto incendiato il 10 aprile 1991, poche miglia fuori dal porto di Livorno, dopo la collisione con una petroliera. Su quella

nave la sorella di Loris, Liana, lavorava come impiegata alla boutique: morì insieme ad altri 139 tra passeggeri e membri dell’equipaggio. “La solitudine è la cosa peggiore – racconta Rispoli – Chiesi alla cittadinanza e alle istituzioni di esserci vicini il giorno della sentenza e invece in aula non si presentò nessuno, a parte i militi della Pubblica assistenza che ci sono sempre stati vicini come le cozze allo scoglio. Aspettarono la sera, che la stampa nazionale se ne fosse andata per leggere la sentenza”. Dopo quasi 26 anni la battaglia di Loris e degli altri familiari delle vittime del Moby non è ancora finita: devono aspettare la fine dei lavori di una commissione d’inchiesta al Senato.

 

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Il disastro di Viareggio e le altre stragi di nessuno. “Lo Stato ci ignora, le tv spariscono: combattiamo noi per tutti”

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