Mafie

Napoli, le polemiche non servono. Lo Stato protegga chi denuncia la camorra

E’ tormenta di chiacchiere a Napoli. C’entra poco la colonnina di mercurio. Da un paio di giorni all’ombra di un suggestivo Vesuvio imbiancato imperversa una bufera di polemiche, piovono a catinelle dichiarazioni, contro accuse e invettive. Un dibattito, dai toni aspri, che nulla mette e nulla toglie. Ma inquieta. Non è la prima volta. Dai social il venticello della ‘profezia che si autoadempie’ ha già sentenziato: Napoli finirà di esistere. Napoli non ci sarà più. Napoli imploderà. Amen.

Non si fermano, invece, le fiammate criminali. Ultima, una ‘stesa’ al rione Traiano. Nel frattempo migliorano le condizioni di salute della bambina di 10 anni ferita giovedì mattina nel corso di un raid in via Annunziata al rione Forcella. Nel mirino tre ambulanti senegalesi, colpevoli di essersi ribellati al racket. I tre africani anticamorra, tra l’altro impegnati in una associazione culturale, hanno detto ‘no’ a viso aperto. Si sono ribellati. Niente paura. Nessun tentennamento. Scappati da una guerra, si sono ritrovati in mezzo ad un’altra guerra.

Bene ha fatto il sindaco di Napoli a invitarli a Palazzo San Giacomo. Ringraziarli a nome della città. Ecco i nuovi napoletani come direbbe il compianto Ermanno Rea, ci regalano una speranza. Esempi belli di una rinnovata società libera e multietnica a cui guardare e renderla giusta. Partendo dallo stesso Comune di Napoli: dia dignità a quei lavoratori facendoli emergere dall’illegalità. Lo Stato poi, una volta per tutte, faccia la sua parte: tuteli la loro sicurezza e quella dei cittadini partenopei.

Le bande di camorra, istintuali, inneggianti al gangherismo urbano – esteticamente pezzotti dei kamikaze dell’Isis – portano avanti, con atti di estrema e scomposta violenza di elevata pericolosità sociale, un disperato avventurismo criminale. E’ un colpo di coda di una criminalità disorganizzata, falcidiata da arresti e condanne. Cercano di narrare in stile ‘Gomorroide’ una personale fiction per riscuotere per prestigio e ‘rispetto’ criminale. Sono bamboccioni, dalle limitate facoltà mentali, per lo più manovrati dai regnanti dell’ombra, i soliti: Contini, Licciardi, Moccia, Mallardo, Polverino, Scissionisti e  Di Lauro.

Napoli come è accaduto a Palermo ha prodotto anticorpi. Ci sono importanti storie di rottura, di discontinuità, di lotta partigiana contro l’oppressione camorrista. Solo chi non vuole vedere non vede. Il sangue delle tante vittime innocenti versato sul selciato delle strade partenopee ha fatto germogliare semi di nuove coscienze. Occorre voler bene a Napoli e insinuarsi nella sua enigmatica e contraddittoria complessità.

Il giorno dell’Epifania, Giovanni Durante (nella foto), il papà della vittima innocente Annalisa, appena 14 anni, uccisa nel marzo 2004 dalla camorra, ha spalancato le porte della biblioteca che porta il nome di sua figlia ai bambini del rione Forcella e delle loro famiglie. Giovanni ha scelto la cultura per cambiare le cose. Da solo ha imparato a tirare fuori il ‘Miele dalla morte’ come gli disse Roberto Benigni. E’ andata in scena una favola magica interpretata da Ciro Arancini e Claudia Riccardo, con tanti giochi donati dallo stesso Giovanni e dall’associazione ‘Annalisa Durante’ presieduta da Pino Perna ai bambini della ‘riattivata’ ludoteca. C’erano le mamme del rione, la presidente della Consulta regionale femminile Simona Ricciardelli, l’associazione Zonta, l’artista Lucia Oreto, Cesare Moreno dei Maestri di Strada, Assogioca. E’ il modo forte, concreto, importante con cui il rione Forcella rispondere senza se e senza ma a ciò che poteva diventare un’altra strage innocente. “Dobbiamo rimanere tutti uniti nelle buone pratiche, con fatti concreti, rimboccandoci le maniche – racconta Pino Perna – pungolare e proseguire, rifiutando le logiche dell’assuefazione e le solite parole retoriche”.

Più volte l’ho scritto. Stare tutti dalla stessa parte. Lo Stato conduca una vera ‘guerra’ contro il terrorismo di stampo camorrista. C’è troppa tolleranza. Durezza e pene esemplari. Insistere nella lotta contro i ‘signori dei clan’. Il sequestro – poche settimane fa – di parte delle attività di riciclaggio del clan Mallardo è solo la punta dell’iceberg. Mi chiedo quando ci saranno sentenze e confische definitive che colpiranno i clan mafiosi dei Moccia? Dei Licciardi? Dei Contini? Dei Bosti? E l’area grigia. La lotta alla camorra è una cosa seria. Il governo con annesso ministero per il Mezzogiorno batta un colpo. Questo fuoco su Napoli non serve a nessuno.

Non a caso cito il libro di Ruggero Cappuccio, scrittore, attore, drammaturgo e da due mesi neo direttore artistico del Napoli Teatro Festival. E proprio in questo nuovo ruolo Ruggero Cappuccio da intellettuale di razza e lungimirante ha dato un segnale con il progetto ‘Quartieri di Vita’, valorizzare e sostenere i piccoli teatri popolari e aprirli al territorio, ai ragazzi. Accade al rione Sanità con Mario Gelardi, a San Giovanni a Teduccio con Francesco Di Leva, ai Quartieri Spagnoli, a Forcella con Marina Rippa e Nino D’Angelo. Paolo Siani, fratello del giornalista Giancarlo ucciso dalla camorra, coglie il punto: “Dobbiamo essere in grado di offrire ai bambini che nascono oggi a Forcella o alla Sanità tra 15/20 anni di avere delle possibilità e di non essere costretti a scegliere la strada della camorra. Ci sono molte esperienze in Italia e in Europa ma anche nella nostra città che hanno dimostrato che gli interventi precoci, molto precoci servono, purché durino nel tempo”. Mi sembra una strada giusta da percorrere con pacatezza e buonsenso.

Napoli non è vittima di un artificio malefico, di una maledizione ineluttabile anche se a volte così non sembra. Napoli non finirà di esistere tra cinque mesi, Napoli continuerà ad esserci dopo di noi. Napoli bisogna amarla, difenderla e sostenerla, sempre.