“Se la sessualità è un bene comune, allora che lo Stato mi dia assorbenti gratuiti e ferie pagate durante l’ovulazione e le mestruazioni”. In un centinaio si sono dati appuntamento in Piazza della Scala, a Milano, per unirsi a quanti in tutta Italia hanno detto il loro “no” nel giorno del Fertility Day. “Ho tolto le pile dall’orologio biologico”, è lo slogan di Ambrosia, collettivo femminista queer che si occupa di questioni di genere e mente della manifestazione. Uno slogan che è toccato a ognuna delle manifestanti completare secondo la sua esperienza: “Ho tolto le pile dall’orologio biologico e le ho messe nello scaldabiberon”, oppure “nello stereo” o ancora “nella raccolta differenziata”. Ma non si vuole solo rispondere con sarcasmo: “Il problema non sono tanto le immagini usate nella campagna sul Fertility Day – sostiene la piazza – ma le idee che animano il Piano Nazionale per la Fertilità”. Per esempio, tra le 137 pagine del Piano si parla quasi con malinconia della “vicina parente impicciona“, precisano i manifestanti, “che era capace di fare pressione sulla donna affinché non facesse figli troppo tardi”, oppure si descrive “la crescita dell‘istruzione femminile come una delle ragioni per cui le donne non fanno figli”
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