L’APERTURA ALL’ESTERNO: RIFIUTI DA ALTRE REGIONI
E’ da questo punto che arriva il rilancio immediato del direttore generale dell’Ato, Andrea Corti, secondo cui “dovremmo riuscire ad intercettare i rifiuti pubblici che dal Centro e Sud Italia vanno a smaltire a nord perché le tariffe sono più basse. Per fare questo è chiaro che ci vogliono dimensioni impiantistiche rilevanti che noi non abbiamo ma che forse neppure vogliamo, perché solo in questo caso potremmo avere tariffe competitive per attrarre questi flussi che ci permetterebbero di far funzionare e pieno regime i nostri impianti e contribuire ad abbassarne i costi fissi per i nostri utenti“. La ragione del paradosso del modello Sei, a sentire il direttore generale dell’Ato, sta infatti nel conferimento di poca immondizia negli impianti, che “devono essere saturati perché altrimenti abbiamo delle tariffe insostenibili”. L’unica via d’uscita, quindi, è combattere l’emergenza costi con le emergenze rifiuti. Niente a che vedere, però, con lo Sblocca Italia, il decreto varato a fine 2014 dal governo Renzi, che ha dichiarato gli inceneritori “infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale”, permettendo il conferimento di rifiuti solidi urbani provenienti da altre Regioni per farli funzionare a pieno carico. E consentendo ai comuni in difficoltà di incassare dall’altrui emergenza rifiuti, Meridione in primis. “Il grosso della contribuzione economica per noi riguarda gli scambi extra ambito di flussi di rifiuti indifferenziati, ma solo tra ambiti regionali – spiega Corti a ilfattoquotidiano.it – I flussi di emergenza sono invece molto limitati: se il presidente della Regione Toscana ci chiede un supporto, noi lo offriamo, ma i nostri inceneritori sono già saturi. Lo Sblocca Italia non ci ha toccato”.

Diverso il discorso per quanto riguarda gli impianti per la raccolta della differenziata, per cui Corti continua a considerare importante un’espansione all’esterno. Residuale invece secondo il direttore dell’Ato, l’apporto economico ottenuto grazie all’accordo siglato ad agosto 2015 tra la Toscana e la Calabria per lo smaltimento dell’immondizia indifferenziata. In particolare, gli impianti delle province di Arezzo, Siena e Grosseto si sono impegnate a prendere in carico 600 tonnellate giornaliere (800 il “picco” massimo previsto) di rifiuti dalla Calabria. “Di fatto abbiamo accolto una quota minimale e per nemmeno due mesi: 60, 70 tonnellate al giorno – sottolinea Corti – poche quantità rispetto alle loro richieste che erano notevoli, ma noi abbiamo degli impianti che hanno un limite di flessibilità”. Dal canto suo, l’estate scorsa, l’assessore regionale all’Ambiente Federica Fratoni aveva sottolineato a ilfattoquotidiano.it che “la Toscana gestisce i rifiuti in modo virtuoso: così possiamo venire incontro alle situazioni emergenziali di altre Regioni”. “Operazione senza fini di lucro”, ha specificato in quella occasione la componente della giunta Rossi, pur sottolineando che “ovviamente i costi sostenuti da Calabria e Liguria potranno contribuire a calmierare la tariffa per i cittadini della Toscana”. Ma se bisogna “calmierare le tariffe per i cittadini” evidentemente la gestione proprio “virtuosa non è”.

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