Conflitti d’interesse, duplicazione di costi e sforzi, controllori di forma ma non di sostanza. E poi anche i soliti noti tra gli azionisti privati, che vedono in prima linea la cooperativa Castelnuovese guidata per vent’anni dall’ex presidente di Banca Etruria, Lorenzo Rosi, oltre allo stesso istituto aretino che ha messo in ginocchio migliaia di risparmiatori. E’ davvero uno strano e complesso animale il sistema ideato dai comuni riuniti nell’Ato Toscana Sud per gestire la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti nelle province di Arezzo, Grosseto e Siena (106 comuni per un totale di circa 800mila abitanti) a partire dal 2014. Con risultati che lasciano a dir poco a desiderare, visto che le comunità locali pagano una Tari fra le più alte d’Italia. Al punto che per far quadrare i conti ora gli stessi ideatori del sistema vincolato per contratto a restare tale per i prossimi vent’anni, puntano molto sullo smaltimento dei rifiuti provenienti dalle altre regioni del Paese. Ad accendere un faro sul sistema, nei mesi scorsi, sono state la Procura di Firenze e la Corte dei Conti, con la prima che ipotizza la turbativa d’asta nell’ambito dell’assegnazione dell’appalto per la raccolta dell’immondizia, mentre la seconda sta verificando l’esistenza di eventuali danni erariali.

Eppure la nascita del nuovo sistema era stata salutata con favore da molti. A partire dal presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi che nell’aprile 2014 aveva sottolineato come si trattasse di una realtà che “per dimensione è già tra le prime dieci del settore e punta a giocare un ruolo importante non solo in Toscana, ma anche in Italia”. Oggi il governatore conferma il giudizio di due anni fa: “Credo che per confrontare meglio il dato di costo del servizio e la sua efficienza – spiega a ilfattoquotidiano.it – sia opportuno prendere a riferimento il costo medio di trattamento a tonnellata prodotta, che per l’Ato Toscana Sud risulta inferiore rispetto al dato nazionale e al dato dell’Italia centrale”. Quanto all’inchiesta in corso, Rossi getta acqua sul fuoco: “Prima di trarre conclusioni aspettiamo l’esito delle indagini e l’avvio dei procedimenti in caso ci fossero. Resta fermo un punto – sottolinea – che il fatto che ci sia stata una difficoltà non fa venir meno la validità del modello applicato”. Un caso esemplare, dunque. E per capire come stanno effettivamente le cose, ilfattoquotidiano.it ha fatto un lungo viaggio nell’intricato sistema del ciclo della gestione dei rifiuti che avrebbe dovuto essere un modello per tutto il Paese. Ecco com’è andata.

Banca Etruria, coop e l’affare immondizia. Ecco perché aretini, senesi e grossetani pagano una Tari tra le più salate

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