Come un pugile sempre più suonato, il povero Matteo si aggira, sempre più incattivito e in crescente difficoltà, sul ring immaginario della lotta politica, e continua a prendere sberloni da tutte le parti. Limitiamoci alla vicenda del referendum antitrivelle, il primo appuntamento in programma sull’agenda “Renzi out”. Non bastavano le disavventure telefoniche della ex ministra Guidi e del suo fidanzato che, oltre che dare alimento alla magistratura competente per una sollecita azione punitiva, hanno squadernato a tutti noi il profondo squallore morale, politico ed umano della cricca di governo. Ci si mettono pure i francesi. E sì che questo governo ha fatto di tutto per compiacerli, dalla svendita di pezzi rilevanti dell’industria nazionale alle compromissioni con Total cui si è consentito, in virtù dei citati legami sentimentali o simili, di devastare notevoli parti del territorio nazionale.

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Eppure il quanto mai ingrato governo francese, mentre approfitta in modo a dir il vero alquanto squallido della crisi fra Italia ed Egitto per il caso Regeni, ha assestato una vera e propria pugnalata, anzi trivellata, alle spalle del povero Matteo, dichiarando, per bocca del suo ministro dell’ambiente Ségolène Royal, una moratoria totale alla ricerca di idrocarburi sia nelle acque territoriali che nella zona economica esclusiva. Tanto, verrebbe da commentare, la Total petrolio e gas se li procaccia altrove, alla faccia e con forte svantaggio, fra gli altri, del popolo italiano, ridotto in questo ed altri casi, per merito del nostro brillante governo, a una sorta di agglomerato di servi della gleba colonizzati.

Fatto sta che l’opportuna e lodevole iniziativa della Royal va ben al di là del referendum che Renzi sta facendo di tutto per neutralizzare. Quest’ultimo infatti, se passasse, impedirebbe alle compagnie petrolifere di sfruttare i giacimenti fino al loro esaurimento entro le dodici miglia marine dalle coste, ma lascerebbe impregiudicati quelli collocati a distanza maggiore. Il governo francese invece ha dichiarato una moratoria relativamente non solo al mare territoriale, che ai sensi della vigente Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare arriva fino a per l’appunto a dodici miglia marine, anche relativamente alla zona economica esclusiva, la quale sempre ai sensi di detta Convenzione può spingersi ben oltre e cioè fino alle 200 miglia, ovvero a una distanza più di sedici volte superiore. In più, il governo francese si propone di chiedere l’estensione della moratoria all’intero Mediterraneo.

L’intento pare essere  quello, lodevole e condivisibile, di dare un segnale politico importante nel senso dell’attuazione degli impegni assunti a Parigi solo pochi mesi fa per contrastare il catastrofico fenomeno del cambiamento climatico che mette a repentaglio l’avvenire e la sopravvivenza stessa dell’umanità. Di tutt’altra stoffa e capacità, ahinoi, il nostro governo capeggiato dallo sprovveduto Renzi, prigioniero degli interessi e delle baruffe del quartierino. Come dire, si può essere capitalisti e occidentali in vario modo e si potrebbe istituire una sorta di classifica della cialtronaggine che vedrebbe il nostro indubbiamente ai primi posti, considerando che anche altri Paesi rivieraschi del Mediterraneo, come la Croazia, hanno adottato provvedimenti analoghi. Ma che cosa volete che ci importi del cambiamento climatico e della necessità di imprimere una decisa sterzata all’economia e alla società per contrastarlo?

Che cosa volete che ci importi del rischio di tragici incidenti, che figura in prima linea tra le motivazioni addotte dal governo francese per il suo provvedimento?  Che cosa volete che ci importi della necessità di abbandonare le energie fossili per passare a quelle rinnovabili, affermata dalla recente legge di transizione energetica approvata nello scorso agosto dal Parlamento francese e nel cui programma si iscrive detta moratoria? Bazzecole, di fronte alla possibilità di soddisfare gli appetiti di questa o quella multinazionale, magari contrabbandandola con la conservazione di qualche posto di lavoro ( a fronte di quelli ben più numerosi distrutti dall’inquinamento) o con la salvaguardia dell’autonomia energetica nazionale (altra motivazione infondata a doppio titolo, sia per il contributo trascurabile offerto dalle trivelle poste nei nostri mari, sia per il fatto che il petrolio o gas estratto va in gran parte alle multinazionali che lo estraggono, che pagano irrisorie royalties al governo italiano).

Per salvaguardare tale possibilità Renzi e il suo governo stanno facendo di tutto per far fallire il fondamentale appuntamento democratico del 17 aprile, coerenti in ciò con il credo neoliberista secondo il quale la democrazia va bene fino a un certo punto e non deve certo intralciare eccessivamente le “forze economiche” (tradotto in italiano: gli amici del quartierino). Impediamo questo nuovo attentato contro il nostro futuro e votiamo in massa sì il 17 aprile.

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