Quando si parla di “ricorrenza”, si è soliti pensare a qualcosa di gioioso: chessò il 1° maggio, il Natale, l’Epifania, il nostro compleanno…È qualche anno che invece si celebra una ricorrenza a dir poco spiacevole, che riguarda tutti noi e che non cade neppure in un giorno specifico: ci capita tra capo e collo. Così sei lì che stai facendo colazione e zac! ecco che la ferale notizia ti si abbatte addosso. È l’Overshoot day, il giorno dell’anno in cui abbiamo consumato gli interessi delle risorse del pianeta ed iniziamo a consumare il capitale. Quest’anno è caduto il 13 agosto. Nel 1970 cadde il 23 dicembre. Tanto per dire…
Rimanendo nel campo delle ricorrenze, l’overshoot day lo potremmo paragonare al giorno della memoria. Un’occasione per pensare a tutto il male che l’uomo fa sulla Terra. Quante specie si sono estinte per causa nostra quest’anno? Quante foreste abbiamo abbattuto? Quanta anidride carbonica abbiamo immesso in atmosfera?
Ma, detto questo, cerco di immaginare anche una persona sensibile che ascolta questa notizia e mi vedo il punto interrogativo che compare sulla sua testa. “E allora, cosa posso fare?”
La coerenza individuale, certo è importante. Innanzitutto, possiamo non mettere al mondo figli, o, al massimo uno. Possiamo usare la bicicletta od i mezzi pubblici per gli spostamenti. Possiamo stare al freddo o quasi d’inverno, ed ovviamente non comprare un condizionatore d’estate. Possiamo non mangiare carne. Possiamo prendere in affitto un fazzoletto di terra e fare un orto sinergico. Quando non addirittura scegliere la vita agreste. A livello individuale possiamo indubbiamente fare molto. E se tutti facessero così, sicuramente l’overshoot day slitterebbe o balzerebbe ogni anno in avanti.
Chi ha un po’ di sensibilità può agire concretamente. Ma la massa che non avverte alcun problema? E, soprattutto, chi decide le politiche economiche? La notizia dell’overshoot day quest’anno era inserita fra le solite altre notizie di accadimenti che proprio quell’overshoot day alimentano. Ma soprattutto viene anche da pensare: neanche tanto esagerando, mettiamoci pure tutta la nostra coerenza, mettiamoci anche, per assurdo, una politica economica che inverta la tendenza attuale: ma l’uomo sulla terra ci può stare? c’è spazio per lui? è compatibile la sua presenza?
Sicuramente la rivoluzione industriale ha dato una decisa accelerata alla distruzione dell’orbe terracqueo, ma prima era tutto rose e fiori? La storia è piena di esempi che dimostrerebbero il contrario. Dalle deforestazioni dell’antica Grecia, al disboscamento di Lampedusa, alla scomparsa dell’uomo stesso sull’Isola di Pasqua, all’estinzione dei Maya. Jared Diamond, nel suo libro, Collasso, come le società scelgono di morire e vivere, ci porta un sacco di esempi di distruzioni ed autodistruzioni umane. Ma sono stati semplici errori umani o la verità è che l’uomo, indipendentemente dal numero degli individui e dalla vita che pratica, è, in fondo, inadatto alla Terra?
Forse hanno ragione quegli antropologi ed ecologi che giudicano l’unico uomo compatibile con la Terra quello che era cacciatore e raccoglitore. Che poi era anche quello che aveva la struttura fisica più bella e che dedicava al suo sostentamento minor tempo. Ma a quell’uomo si può tornare? Oggi come oggi, il massimo a cui si può pensare è la decrescita. Ma mi domando: esiste una decrescita che non incida di più o di meno sul capitale? Sapremmo fare a meno di cellulari, computer, pannelli solari, molti farmaci, ed in generale a tutto ciò che oggi riteniamo progresso compatibile?
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