“Non c’è nulla di più pericoloso della lettura”. Dopo aver parlato ai concorrenti e al pubblico di “Amici” di Maria De Filippi, Roberto Saviano porta la letteratura e i libri ai detenuti dell’istituto penitenziario (Cuneo). Domenica mattina l’autore di “Gomorra” è entrato in carcere per incontrare una cinquantina di reclusi nell’ambito della rassegna “Voltapagina”, evento collaterale organizzato da Marco Pautasso per il Salone del Libro di Torino. Parla di Primo Levi, dei “Racconti di Kolyma” di Varlam Salamov, cita i classici greci e latini, ma a loro e a circa duecento “esterni” Saviano presenta “Zero zero zero” (Feltrinelli, 2013) dedicato al narcotraffico.

Da un lato un paladino dell’antimafia e della legalità, dall’altro alcuni detenuti comuni, solo una fetta dei 250 ospiti della struttura in cui ci sono anche 150 in regime di alta sicurezza (nessuno dei quali ha potuto partecipare all’incontro). Nonostante la differenza di esperienze tra l’autore e il pubblico non c’è bisogno di rompere il ghiaccio: “Sono stato un cocainomane e la cocaina è perfetta per farti sentire qualcun altro se non ami te stesso”, interviene uno di loro. È rimasto colpito dalle prime pagine del libro in cui si fa capire che questa sostanza è più diffusa di quanto si pensi: “Hai centrato il punto – afferma lo scrittore -. Il primo moto che ho verso i lettori è: ‘Non credere che questa storia non ti riguardi’”. Perché, continua, “la potenza del libro e della letteratura è superare le barriere. Sei lì, diventi altro, diventi tutto”.

Un altro recluso coglie un senso superiore nelle vicende raccontate: “Tutto è retto dal ‘dio denaro’”. Questo dà il pretesto per parlare di banche e riciclaggio e spiegare i meccanismi della criminalità dei colletti bianchi, per poi giungere a parlare dei legami con le istituzioni: “È un paradigma errato pensare alla mafia come antistato. Bisogna parlare di ‘una parte dello Stato’, come l’ex sottosegretario all’economia (Nicola Consentino, ndr) che secondo la Dda di Napoli è un uomo dei clan. I mafiosi non sono così stupidi da mettere un loro uomo in prima fila. Hanno tanti uomini intorno e piano piano…”. Secondo un detenuto più anziano Saviano non ha approfondito il tema della legalizzazione delle droghe: “Per me è l’unico modo per togliere loro il profitto. A chi dice che troveranno altre maniere rispondo che non ci sono altri metodi per fare profitti così rapidamente”.

Un altro non è d’accordo: “Con la legalizzazione togli il fornitore, ma non il consumatore. Non c’è più il traffico, ma resta il secondo problema”. “La legalizzazione serve anche a controllare il problema, ma è impossibile pensare che venga eliminato”, replica. Poi Saviano affronta la corruzione e il voto di scambio: “La politica è colpevole quando non impedisce che la tangente sia un vantaggio”. Spiega il meccanismo della “scheda ballerina” che ha voluto inserire nella serie tv “Gomorra” per illustrare agli spettatori l’influenza criminale sulle elezioni. E infine torna sul rapporto tra libri e piccolo schermo raccontando la sua esperienza al programma di Maria De Filippi  : “Mi è capitato di andare ad ‘Amici’, che con i libri non c’entra niente. Ho parlato di Dostoevskij ed è stato potentissimo. La letteratura è un territorio a cui tutti possono accedere”.

Ma la cultura, in certi posti, fatica a entrare. Glielo fa notare un altro detenuto: “Non ho mai trovato un intervento critico sull’esecuzione penitenziaria – premette -. La cultura qui dentro non c’è. Abbiamo una biblioteca che non è fruibile. Oggi c’è questo evento, ma domani? Lei che è la coscienza critica deve fare qualcosa affinché la detenzione diventi produttiva”, dice. Saviano ammette di non avere risposte alla questione, ma si dice “contento di venire qui perché comincia un percorso nuovo”.

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